mercoledì 26 settembre 2012

E tornare a volare fa meno paura - di Luana Fiorenza


PREMESSA:

''Care Metà,

Oggi scelgo personalmente e consapevolmente di pubblicare la lettera della mia cara amica Luana, perchè le parole, forti e decise, scritte di petto e con amore immenso, dalla compagna di un Soldato, possano arrivare dritte al cuore di tutti coloro che 'seduti sulle loro poltrone rosse' non comprendono ancora quanto il supporto alle Famiglie Militari, sia di fondamentale importanza per far funzionare un sistema che altrimenti rischia di fare acqua da tutte le parti.

La Famiglia Militare è parte integrante della FF.AA. e se a qualcuno non fosse ancora ben chiaro questo concetto, basterà leggere oltre questa lettera, per capire che un Soldato non può lavorare serenamente se non ha l'assoluta certezza e garanzia che i suoi affetti più cari non sono abbandonati a loro stessi.

Ed è direttamente dal racconto di Luana che capirete che il PRIMO ed UNICO pensiero di un Soldato, nei momenti peggiori, non è altro che la sua Famiglia, la sola cosa che conta, l'unico ricordo vivo e nitido quando tutto intorno diventa buio.

Meditate gente, meditate.''

Deborah Croci


''La nostra, una storia come tante, amici comuni, conoscenza, risate, giochi...poi qualcosa di più. Due caratteri per nulla facili che alla fine trovano il loro punto di equilibrio e quel puzzle da un milione di pezzi prende una forma bellissima e perfetta. E così passano quasi due anni.
Poi arriva l'antipirateria, ma tu non temi nulla, perchè la fiducia che in due anni hai visto crescere non è solo verso l'uomo, ma è anche verso la figura professionale, verso il militare preparato, l'ufficiale pronto e dal sangue freddo.
Ti ha detto di non preoccuparti, che andrà tutto bene. E a te basta questo.
Tutto scorre veloce, due mesi volano via. Sorridete a telefono, vi raccontate le giornate, progettate il viaggio che farete al suo rientro, vi fate forza a vicenda, siete convinti che tutto andrà bene, andrà sempre tutto bene.
Ma non tutto va bene.
Il telefono squilla come sempre, tu sei seduta sul letto e fa caldissimo e pensi che lui ti dirà che va tutto bene, ti racconterà il volo della mattina con quella sua voce lontana e bellissima che ami da morire.
Non questa volta.
Questa volta lui ti sta dicendo che sta bene, ma che qualcosa non è andata come doveva, che questa volta non è andato tutto bene. E ti dice di non ascoltare il telegiornale, che lui è vivo, che il suo equipaggio sta bene, ma che non vi sentirete per un po' perchè lui deve subire un intervento perchè questa volta i pirati hanno centrato il bersaglio. Ed il bersaglio, per loro, era lui.
Cosa ricordo di quella mattina di inizio settembre? Un grande silenzio. Solo il silenzio della camera in cui mi sono chiusa. Ricordo di aver pensato "è vivo. Stai calma. è vivo"
...e poi ricordo il telefono che squilla in continuazione. Ricordo le lacrime di sua madre. Ricordo che tutti mi hanno detto "tu sei una tosta, l'importante è che sia vivo".
E' stato come vivere in una campana. Intorno a me era tutto ovattato, le voci arrivavano lontane. Chi sa, ti dice solo "sta bene, non preoccuparti". E tu te lo devi far bastare, perchè non c'è un'alternativa, non c'è un numero da chiamare, non c'è qualcosa che qualcuno possa dirti. Vorresti solo sentire la sua voce, solo rivedere il suo sorriso, solo ascoltare lui.
Il tempo non passa mai. La prima notte è la più dura. Ti chiedi dove sarà ora, cosa gli staranno facendo, se sta sentendo dolore, se lo stanno trattando bene. Vuoi piangere, ma ti dici che lui non vorrebbe, che la donna che lui ha scelto non cede alla paura, tiene i nervi saldi, i piedi a terra e razionalizza i sentimenti nelle situazioni più difficili. E tu lo fai, lo fai per lui, lo fai per te, lo fai per i suoi, lo fai per i frà, lo fai per i tuoi. Lotti contro quella parte di te che vuole solo lasciarsi andare e vuole urlare che non è giusto, che non doveva andare così, contro quella parte di te che vuole mettersi su un aereo e raggiungerlo ovunque si trovi, quella parte di te che vorrebbe sfondare il cancello della base e buttare a terra muri e persone e prendere a pugni qualcuno anche solo per far sì che tutta quella rabbia e quella paura prendano forma e sostanza.
Ma aspetti. E continui a lavorare, a parlare, a vivere aspettando.
E quando il telefono squilla tu salti e guardi il display e speri che ci sia lui lì a dirti sto bene, amore, sto bene...
E quando davvero è lui, tu ti siedi su un gradino perchè le gambe ti tremano, perchè le mani non riescono a tenere fermo il telefono, perchè, finalmente, le lacrime scendono e ti rendono cieca. E non importa se lui ti dice che quella ferita è brutta, non importa se ti dice che non sa quando tornerà a casa, che ti dice che è dura e fa male. A te importa solo che quella voce sia proprio la sua, che ancora ti chiama col tuo soprannome, che ancora ti dice che ti ama e che ti ama tanto, e che non vede l'ora di riabbracciarti.
Poi ti dice che sta tornando a casa. Spiegare cosa significa guardarlo negli occhi, sentire le sue braccia intorno al tuo corpo sempre più magro, le sue labbra che con cautela sfiorano le tue sarebbe come far appassire un fiore troppo delicato. E all'improvviso addormentarti come mille volte hai fatto accanto a lui diventa qualcosa di così prezioso che non vuoi chiudere gli occhi. Vuoi tenerli aperti, guardarlo respirare, vedere che si addormenta serenamente nel suo letto, al sicuro, accanto a te. All'improvviso camminare mano nella mano sembra un gesto insostituibile.
E ti rendi conto che la gente butta via momenti di vita con una facilità debilitante, ti rendi conto che la gente si attacca alle cose materiali, si attacca ai pettegolezzi, vive nell'aspettativa di qualcosa di migliore, vive respirando superficialità. Ti rendi conto che a te invece, basta un bacio, basta uno sguardo, basta sentire il suo respiro accanto al tuo...è tutta lì la felicità che desideri...
Ma un incidente è qualcosa di più.
Hai paura che le ferite che non si vedono, quelle giù in fondo facciano molto più male di quelle visibili e superficiali. Non ora, ma domani o dopodomani. E hai paura che forse da sola non ce la farai, che non hai gli strumenti adeguati per farcela, e ti rendi conto che nessuno ti sta allungando la mano per offrirtene uno. Provi una gran rabbia perchè nessuno di quelli ancorati alle loro poltrone rosse ha avuto il pensiero di scriverti una mail, nemmeno coloro a cui hai stretto la mano tante volte e che il tuo viso se lo ricordano perfettamente. A mente fredda capisci che una telefonata, una parola, una mail, uno scambio di idee forse ti avrebbe fatto smettere di pensare che per loro non sei nulla, che per loro non esisti. E ti chiedi come sia possibile che una fede nuziale possa contare più di una vita accanto ad una persona ogni giorno, come può un documento firmato da un ufficiale pubblico contare più del fatto che il tuo numero è stato il primo che è stato composto dal tuo uomo, l'unico che lui ricordava a memoria, che tu sia la prima persona a cui lui ha pensato. Sorrisi e lacrime. Sorrisi, perchè sai che ciò che vi unisce vincerà su tutto, sai che tutto quel dolore cementifica i rapporti, li rende saldi, porta una relazione ad un livello superiore che va oltre le definizioni, oltre le convenzioni. Lacrime perchè senti vuoti intorno a te che fanno male, senti che ci sono cose ingiuste, cose che non vanno, cose che non sono andate come avrebbero dovuto. Lacrime perchè troppo spesso ci si dimentica che prima che militari, loro, sono uomini, che prima di indossare una divisa, loro, vestono abiti di fidanzati, figli, fratelli, mariti, padri, amici. Che prima degli elogi ufficiali, talvolta, è necessaria una stretta di mano umana. E che accanto a loro ci sono famiglie nell'ombra che vivono il riflesso di una scelta non loro, di una scelta subita ma accettata e che anche queste famiglie qualche volta avrebbero bisogno solo di una parola, di una presenza, di un aiuto.

Io non sono sola, ho la fortuna di avere persone meravigliose accanto a me che hanno pianto con me, che hanno riso con me, che hanno attutito il mio colpo, che mi hanno fatto sentire al centro di qualcosa di più grande di me, qualcosa di cui non ti rendi conto sino a che ci devi passare obbligatoriamente in mezzo.
Non è una divisa che fa l'onore, non sono gradi e le stellette a fare l'uomo.
E' come vivi, come affronti la vita di ogni giorno, è con chi la affronti, è come parli con la gente, è come subisci i colpi e ti rialzi, è la mano che allunghi quando accanto a te qualcuno cade, è il dolore che fingi di non sentire quando qualcuno, anche a te sconosciuto, sta soffrendo più di te. Allora metti da parte te stesso e regali qualcosa di tuo.
Senza queste persone rialzarmi sarebbe impossibile, superare questo momento sarebbe stato un'impresa titanica.
Ora le mie preghiere sono per ogni singolo uomo su quelle navi e in quelle basi, ogni amico o sconosciuto che sia, perchè nessuno debba passare attraverso tutto questo. E perchè, anche se ciò dovesse accadere, nessuno si senta solo, perchè ci sia sempre qualcuno che bussi alla tua porta e ti dica "io ci sono". Solo così, tornare a volare, fa meno paura.''



martedì 25 settembre 2012

Per l'iniziativa 'Bentornato a Casa!: foto di Angy per L'altra metà della Divisa

Quando le immagini dicono più di mille parole...

Grazie ad Angy ed al suo Soldato, per aver condiviso queste splendide emozioni con noi!
E naturalmente... BENTORNATO A CASA!














Se anche voi desiderate che immagini e video dei vostri ritorni a casa vengano pubblicate sul nostro blog, vi invitiamo ad inviarci tutto il materiale a laltrametadelladivisa@gmail.com
Sarà per noi un piacere condividere insieme questi momenti unici!

Te lo regalo se vieni a prenderlo - di Cristina Norassi


Ciao a tutti,

Oggi voglio parlarvi di una bellissima iniziativa, un gruppo su facebook che porta un nome che ridona un po' di fiducia all'umanità: ''Te lo regalo se vieni a prenderlo''.
Avete presente il vostro sgabuzzino? Il solaio che attende la vostra visita da anni? La cantina in cui neanche i topi riescono più a entrarci talmente è piena? Questo gruppo risolve i problemi di spazio alle persone che vogliono sbarazzarsi di qualsiasi oggetto ancora utile, donandolo a chi ne ha bisogno.
Poche regole e tanta tanta fiducia, si riscopre la solidarietà e la bontà d'animo e quasi quasi ci si crede anche ;)
Naturalmente il mondo va come tutti sappiamo, quindi ogni tanto c'è qualcuno che se ne approfitta, ma il gruppo è sorvegliato da attentissimi admin pronti a scovare ogni minimo indizio di accapparramento.
Io sono iscritta al gruppo della Lombardia, sì esiste un gruppo per ogni regione, comodo no?
E l'ho utlizzato per cercare vestitini usati per il mio bimbo, gli sto togliendo il pannolino e dio solo sa quanti cambi servono ;) e poi mi sono aggiudicata una coppia di splendidi sgabellini da usare sul terrazzo come portavasi. (vedi foto qui sotto!)
Il gruppo funziona così, è molto semplice: se cerchi qualcosa di specifico hai due opzioni o scrivi un messaggio in bacheca specificando l'oggetto dei tuoi desideri, dove abiti e dove sei disposta a spingerti per ritirare oppure aspetti pazientemente che qualche anima pia decida di sbarazzarsi proprio del tuo "Santo Graal".
Se invece hai qualcosa da donare, fai una bella foto e la alleghi al tuo messaggio, specificando le caratteristiche dell'oggetto e la città dove abiti, per il ritiro.
C'è anche la possibilità di creare degli album fotografici per chi avesse bisogno di svuotare la famosa cantina ;)
Non ci sono regole per l'assegnazione dei doni, chi regala può scegliere senza un criterio prestabilito a chi dare l'oggetto, questo per non escludere chi non è spesso davanti al pc, quindi tutti hanno le stesse possibilità.
E' bello vedere che le persone hanno ancora voglia di aiutarsi tra di loro!
A volte basta davvero poco, anche solo un click...=)


I MIEI SGABELLINI PORTAVASO

SPLENDIDI VERO?!

giovedì 20 settembre 2012

Aspettando la Missione - di Maria Chiara Santoro


Ricordo, da bambina, i racconti di mia madre sulla seconda guerra mondiale . Il suono stridulo e sinistro delle sirene che preannunciava un bombardamento imminente, le fughe nei sotterranei del palazzo dove abitava, la paura, il dolore, la miseria, la fame, il senso di impotenza di lei, bambina, di fronte a tutto questo. I racconti di mia madre erano nitidi, narrati col cuore di chi ha vissuto, insieme a tanti altri, la dolorosa esperienza della guerra. Erano storie vere, come quella della bomba posizionata dai tedeschi proprio sotto la loro casa, la fuga precipitosa dei miei nonni un attimo prima dell’esplosione, la ricerca, tra le macerie, di qualcosa di proprio da recuperare, come la macchina da cucire, con la quale mia nonna confezionava i vestiti per mia madre e le altre cinque sorelle. Tanti episodi che stimolavano la mia fantasia e aprivano una finestra su di un passato a me fortunatamente sconosciuto. E poi la festa, la gioia incontenibile seguita all’arrivo delle truppe alleate, la certezza di un incubo terminato con l’arrivo degli americani, il gusto della loro cioccolata e il calore dei loro sorrisi. Soldati della Liberazione, forieri di pace, acclamati e festeggiati da mia madre bambina.
Sono queste immagini e pensieri che attraversano la mia mente quando penso ai teatri dove operano le nostre Forze Armate. Quando penso a tutti i bambini che, come mia madre, hanno vissuto gli orrori di lunghe tirannie ed il dolore di inevitabili conflitti. E la mia sofferenza nell’attesa della partenza dell’uomo che amo, le mie mille paure sui rischi che andrà ad affrontare, le difficoltà che dovrò ancora superare da sola, assumono una dimensione diversa, non meno dolorosa, ma supportata dalla certezza di essere “parte attiva” in un lento processo di normalizzazione di paesi, verso pace e democrazia.
Sì, perché è questo che siamo, noi famiglie di militari: parte ATTIVA di un’istituzione che volge i suoi sforzi al raggiungimento di obiettivi nobili ed umanamente elevati. Siamo chiamate ad essere “costruttori di pace”, a lenire le ferite di popoli prostrati da lunghe sofferenze, noi tutti, “missionari” della ricostruzione, i nostri uomini e donne sul posto, le nostre famiglie da casa, legati dall’indissolubile filo dell’amore e del coraggio. Ma per assolvere alla nostra “missione” abbiamo bisogno di “un corpo logistico”, come ogni organizzazione che si rispetti. E’ doveroso e dovuto un supporto alle nostre famiglie, un riconoscimento concreto alla nostra viva partecipazione al servizio del Paese. Famiglie e militari sono due facce della stessa gloriosa medaglia, una realtà che non può e non deve essere ignorata.
Noi de 'L'altra metà della Divisa' stiamo lavorando perché le nostre famiglie possano compiere il proprio dovere più serenamente, perché possano sentirsi in qualche modo sostenute, perché i nostri uomini e donne possano assolvere ai loro compiti nella certezza di poter contare su di una struttura che si prende a cuore i loro cari. Ma c’è ancora tanto da lavorare: abbiamo bisogno di attenzione reale e di aiuto concreto da parte delle istituzioni. Servire lo Stato non è uno scherzo, per questo è giusto essere presi sul serio.
INSIEME POSSIAMO FARE LA DIFFERENZA.



mercoledì 19 settembre 2012

Lettera di un Pilota di MM in Missione, ad un amico.

La lettera che state per leggere, ci è stata inviata dalla mamma di un Soldato, che racconta ad un amico in ferie in settimana bianca, dell'esperienza di volo in territorio afghano, durante una notte stellata nei pressi di Kabul.

Queste sono le parole della mamma del Soldato, che commenta la lettera così:
'Per chi , non direttamente coinvolto, sembrerebbe la pagina di un normale diario, ma per chi
si immedesima nelle emozioni del proprio caro, è altrettanto emozionante. Io ho pianto e ogni
qualvolta la "riprendo " mi commuovo, pensando anche a tutti i nostri ragazzi che si trovano
ancora là' - Anna

Ed ecco le parole di suo figlio, emozionatevi con noi:

'Kabul, Gennaio 2009

Ehi boss! stai sciando anche per me???
Ieri sera volo notturno con i visori...c'era parecchio vento...moltissima luna,che sulla
sabbia riflette come sulla neve (parlo dell'impressione che si ha indossando i visori..)
ma nasconde i dettagli, le forme del terreno...si vede tutto bianco...sino a grande distanza,
 ma impossibile distinguere se sotto è pianeggiante o ci sono le dune..
basta girare la testa verso le montagne a noi vicine per vederle invece nitide e stagliate
contro il cielo...il cielo...
è incantevole guardare il cielo con i visori, calcola che l'amplificazione luminosa dei nostri
visori è di circa 3000 volte...:-)
anche in una notte serena e senza luna è come se fosse giorno.
Hai presente quando si vede in qualche film o cartone animato un cielo esageratamente
stellato con tanto di stella cadente , magari 2 o 3 ??
ecco..si vede proprio cosi'...milioni e milioni di stelle che ad occhio nudo è impossibile scorgere.
..un incanto...che si presenta ogni volta viene pronunciata sulla frequenza tattica la parola
"GOGGLE UP " e gli equipaggi si abbassano i visori sugli occhi .. la notte si illumina di giorno...
un incanto che non ci è permesso ammirare...praticamente mai...
la nostra attenzione è sempre verso il basso, verso il terreno.Ognuno ha un settore di
di osservazione , in quattro copriamo i 360°, il cielo è d'incanto...il cielo è distrazione...
torno immediatamente ad osservare le montagne, bellissime, imponenti..maestose direi..
prima con la cresta stagliata sul cielo, poi scendo con lo sguardo... fino ai piedi...
non c'è sabbia, la riflessione della luna è differente, il contrasto tra roccia, neve e la poca
vegetazione è ottimo, sembra quasi giorno, ad eccezione che vedi tutto in sfumature di verde.
Cosa non vorresti mai vedere?? lampi, lampi e scie...per ora ancora mai viste..vorrebbe dire
un ingaggio nemico..
Abbiamo il vantaggio della notte pero'..se da un lato rende piu' difficile il volo, dall'altro ci nasconde,
siamo avvolti nel buio, dal nero..senza nessuna luce accesa..invisibili...
A causa del terreno sotto di noi "misterioso", a causa della sabbia traditrice, manteniamo una
quota di sicurezza piu' alta che varia tra i 45 e i 60 metri giusto per stare tranquilli...e come dice il capo formazione, per non correre il rischio di "masticarci" una duna che non abbiamo riconosciuto...
Vediamo se anche domani ripeteremo il volo...'

(Avete appena letto le parole di Riccardo, che ringraziamo immensamente per aver condiviso queste meravigliose emozioni con noi e per averci fatto vivere per un attimo, le sensazioni e l'esperienza di un volo nei cieli stellati di Kabul.)



lunedì 17 settembre 2012

C'è Posta per Noi: La Storia di Maria Elisa


''Vi voglio raccontare la mia storia con il mio militare per far capire a tutte le ragazze che vivono accanto ad un uomo in mimetica che le favole esistono e che, se l'amore c'è, si supera ogni difficoltà.
Le missioni sono difficili... I mesi di missione portano con loro giorni di solitudine e ore di angoscia ma poi basta un messaggio o una chiamata per cambiare le sorti di un'intera giornata.
Accompagnarlo in caserma per la partenza per l'Afghanistan è stata una delle cose più dolorose che abbia dovuto fare... Non mi piaceva l'idea di essere io a doverlo portare là... E' stata dura e ho pianto, ho pianto tanto ma alla fine mi sono fatta forza e ho sorriso per lui perchè non volevo che se ne andasse e avesse negli occhi le mie lacrime.
I mesi della missione sono passati nell'attesa delle sue chiamate, dei suoi messaggi e delle sue mail...
Vivevo coccolandomi nei ricordi dei bei momenti passati insieme prima della partenza... Baci, carezze, passeggiate... Attimi quotidiani... Quelle piccole cose e quei piccoli gesti che ti mancano da morire quando il tuo lui è là e hai il terrore che possa non tornare.
Vivevo pensando alla promessa che mi aveva fatto: "Quando torno ci sposiamo" e aspettavo con ansia la licenza di metà missione per riabbracciarlo e per annunciare a tutti la nostra decisione.
I giorni passavano, lentamente ma passavano... La licenza si avvicinava ma come ogni volta è iniziato il momento di quello che io chiamo "il gioco del rinvio". Questo è il gioco crudele a cui a volte gioca l'Esercito: licenza si, licenza no, licenza poi, licenza non si sa... E mentre l'EI giocava al gioco del rinvio io mi sono laureata senza il mio militare accato... Anche in quell'occasione ho pianto, ho pianto parecchio... Da un lato c'erano lacrime di gioia per il traguardo che avevo raggiunto, dall'altro c'era invece la tristezza di non poter condividere con lui questo momento per me così importante.
Alla fine la licenza è arrivata (dopo 5 mesi e mezzo di missione) e quel giorno di novembre è stato uno dei più belli della mia vita. Quando l'ho visto fuori dal portone della caserma quasi non mi sembrava vero... Credevo fosse uno dei tanti sogni che nelle ultime settimane mi stavano "tormentando"... Sognavo di riabbracciarlo e nel sogno me lo coccolavo un po' ma poi mi svegliavo ed ero tristissima perchè mi rendevo conto che non era la realtà.
Durante la licenza abbiamo festeggiato con un po' di ritardo la mia laurea e abbiamo finalmente detto al mondo intero che a luglio dell'anno successivo ci saremmo sposati!Poi la licenza è finita ed è dovuto tornare in Afghanistan. Sapevo che ormai era questione di poche settimane ma è sempre difficile saperli in quei posti dove anche solo un giorno può essere il giorno sbagliato.
Le feste di natalizie si stavano avvicinado e con loro la fine della missione... Un paio di giorni prima della Vigilia di Natale è arrivato il messaggio atteso da mesi: "Sono in Italia". Era finita, la missione era finita, davvero finita. Non poteva esserci regalo di Natale più bello! Mi sembrava quasi impossibile che quesi 6 mesi (quasi 7) fossero davvero passati... E invece erano passati.
E' proprio vero che il tempo, nel bene o nel male, non lo si può fermare... Ci sono giorni che passano lenti e altri che passano più veloci ma il tempo scorre e nessuno lo può fermare... Ed è così che è arrivata la fine della nostra missione!
La fine della missione ha portato con se anche l'anello di fidanzamento ed è così che sono iniziati ufficialmente i preparativi per il nostro grande giorno.

Come dicevo, lo scorrere del tempo è relativo e infatti i successivi 7 mesi sono volati via veloci tra partecipazioni, bomboniere, abiti, etc.
Poi è arrivata la mattina del 30 luglio, il nostro grande giorno, il nostro giorno dei giorni... L'emozione era alle stelle... Io e lui ci stavamo davvero per sposare... Stavo per diventare la moglie di quell'uomo in mimetica che aveva saputo regalarmi il sorriso anche da migliaia di chilometri di distanza, quel lui che anche da una base sperduta dell'Afghanistan mi ha fatto arrivare a casa dei regali, quel lui che riabbracciandolo dopo mesi e mesi di lontananza ho sentito mio come se non fosse mai stato lontano... Si lo voglio!!

Tutto questo per dirvi che le missioni sono dure e sono accompagnate da momenti difficili e di sconforto ma se c'è l'amore, quello vero, si superano e alla fine ci si ritrova più uniti e forti di prima!!''

(Avete appena letto le parole di Marie Elisa, che ha voluto condividere con noi le emozioni, le ansie, le gioie della sua meravigliosa favola, con il suo Soldato. Se anche voi desiderate regalarci un pezzetto della vostra vita accanto ad un Uomo/Donna in Divisa, vi invitiamo a scriverci le vostre esperienze a laltrametadelladivisa@gmail.com . I vostri racconti verranno pubblicati sul nostro blog e condivisi sulla nostra Pagina Facebook! Grazie per la partecipazione!)

Foto di Maria Elisa per L'altra metà della Divisa - Gruppo Supporto Famiglie Militari:


'Ultimi momenti insieme prima della partenza' - di Maria Elisa


'Foto dall'Afghanistan' - di Maria Elisa


'La mia Laurea senza di Lui' - di Maria Elisa

'L'anello di Fidanzamento' - di Maria Elisa


'La nostra Favola' - di Maria Elisa

lunedì 10 settembre 2012

Recensione del Libro: '“La stasi dietro il lavello” di Claudia Rush - di Silvia Aprile



In occasione dei vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino esce nel 2009 “La stasi dietro il lavello” della scrittrice tedesca Claudia Rush.
Un libro da leggere tutto d’un fiato, leggero e veloce, come la scrittura della Rush che con “pennellate veloci” disegna un quadro grottesco, allarmante e tante volte simpatico della DDR.
Nata nei primi anni ’70 l’autrice vive la DDR da dissidente politica come la quasi totalità della sua famiglia, tranne il padre naturale con il quale non avrà alcun vero rapporto affettivo.
Un famiglia sempre e costantemente sotto il controllo degli “scarafaggi”, così sua madre chiama gli agenti della Stasi appostati davanti alla loro abitazione e spiati da informatori privati, sotto osservazione fino all’ultimo atto della DDR, fino a quel 9 novembre 1989 in cui Claudia, ormai diciottenne, scavalca il muro e chiama i genitori dalla Berlino Ovest, felice ma spaurita in quell’Occidente sognato e desiderato non però come Germania unita. Sì, perché i ragazzi dell’Est come Claudia volevano non la riunificazione al resto della Germania, ma una DDR libera e riformata. Per Claudia l’Occidente non è Berlino Ovest, ma Parigi, città che sogna prima ed ama profondamente dopo.
Claudia Rush racconta la sua infanzia, gli anni della scuola ed il dopo 1989 attraverso racconti brevi e che alternano presente, passato lontano e passato più recente, e che hanno il sapore della quotidianità, di vite comuni investite anche nelle piccole cose dal peso di una situazione politica di regime, dove il potere tenta per lo più vittoriosamente, ma non è il caso dell’autrice, di instillare nelle giovani menti le direttive del potere.
L’intero romanzo è costellato di descrizioni della DDR per lo più ridicolizzata soprattutto nelle rappresentazioni della vita quotidiana, sembra di assistere ad ogni racconto all’esposizione di un dipinto realista cinico e sarcastico. La durezza dell’esistenza nella Germania dell’Est prima della caduta del Muro non è mai raccontata in maniera cruda o scioccante, ma sempre addolcita alla dolcezza dell’infanzia prima e della adolescenza dopo e la “claustrofobia” assale il lettore solo nel momento in cui nei racconti Claudia si ritrova davanti ai confini territoriali del suo Paese, davanti al Mar Baltico dal quale si prende il traghetto che non prenderà per una Svezia che non potrà visitare o nel successivo passaggio in Francia quando ormai potrà lasciare il suo Paese.
L’unico momento in cui il testo cambia registro, introducendo il dramma raccontato nella sua crudezza, è nel racconto tragico dell’esperienza del nonno dell’Autrice, uomo prima spiato dalla Stasi e dai delatori e poi arrestato, che terminerà i suoi giorni da dissidente politico in carcere.
Ma non c’è solo questo nei racconti.
C’è la storia di un’adolescente degli anni ’80, le barrette di cioccolata, la potenza della musica, i primi amori; i sogni e le aspirazioni di una generazione che, pur con le doverose differenze date dal regime comunista, è quella stessa dei film da teenager americani di trent’anni fa.
Un libro divertente ed istruttivo, anche quando rivela la tipicità della cultura e della vita dell’Est intesa nella sua interezza.
Una romanzo appassionante. Cosa c’è di migliore?
Buona lettura!



venerdì 7 settembre 2012

OPSEC - Operational Security - per Famiglie Militari - di Deborah Croci


L'altra metà della Divisa
Gruppo Supporto Famiglie Militari
OPSEC - Operational Security
per FAMIGLIE MILITARI.

Rispettare le Regole OPSEC (Operation Security), significa mettere in atto dei comportamenti responsabili che contribuiscano ad evitare che il nemico capti informazioni sulla nostra persona e sulla nostra vita privata e lavorativa, che potrebbe poi utilizzare per attentare alla nostra sicurezza e a quella dei nostri cari.
Come suggerisce il nome, l'OPSEC, in ambito militare, protegge le operazioni che abbiamo pianificato, quelle che sono in atto e quelle terminate. Il buon esito di tali operazioni dipende essenzialmente dalla segretezza e dall'effetto sorpresa, che permetteranno alla FF.AA di potercompiere la missione più rapidamente e con il minor numero di rischi possibili.
I nostri nemici VOGLIONO le nostre informazioni e non si concentrano solo sul personale in servizio per reperirle. Sono proprio i familiari, i parenti stretti, gli amici e tutti coloro che ruotano intorno alla sfera privata del Soldato, coloro ai quali il nemico punta per raccogliere preziose informazioni personali, dati sensibili, piccoli dettagli. Spesso, quella che ci appare come la più innocente delle informazioni, se resa pubblica, può essere utilizzata dal nemico, contro di noi, contro i nostri cari, contro i nostri familiari, contro le nostre truppe in teatro operativo o su territorio nazionale.
E' bene quindi tenere a mente queste semplici regole comportamentali per non contribuire ad allargare il bacino di raccolta dati del nemico, e per proteggere noi e i nostri cari da possibili attacchi alla nostra incolumità.

INFORMAZIONI BASICHE DA NON PUBBLICARE/RIFERIRE MAI:

  • L'esatta posizione del Soldato in teatro operativo;
  • Nessuna info inerente movimenti di truppe, inclusi gli spostamenti interni al teatro operativo, transiti da e per il teatro, date. NON FORNITE MAI NESSUNA DATA.
  • Nessuna info relativa ad armamenti, addestramenti, dati numerici specifici e tecnici. NON PUBBLICATE MAI FOTO DI MEZZI, LUOGHI, ARMI, BASI OPERATIVE E CAMPI D'ADDEESTRAMETO su territorio nazionale e in teatro operativo.
  • Non pubblicate MAI CONTI ALLA ROVESCIA.
  • Fate molta attenzione a ciò che scrivete, pubblicate, postate sul web. Internet consente al nemico di tracciare con facilità indirizzi, numeri di telefono, informazioni utili sull'obbiettivo che vuole attaccare. Non facilitategli il compito. Eliminate tutto ciò che riguarda i vostri dati personali e quelli relativi ai vostri cari, bambini compresi. Non serve un mago del pc per accedere a determinate info. Spesso basta un semplice click. Proteggetevi!

Per facilitarvi il compito, ecco alcuni esempi su ciò che è giusto e sbagliato dire/pubblicare:

Esempio n°1:

GIUSTO:
  • "Il mio Soldato è in missione in Afghanistan."

SBAGLIATO:
  • "Il mio Soldato 'nome/cognome' fa parte della compagnia/unità XYZK ed al momento è in missione presso la base/FOB 'ABC' in Afghanistan."
SBAGLIATO:
  • "Il mio Soldato sta tornando dalla missione e partirà dall'aeroporto XYZK alle 8p.m. Martedì prossimo."
SBAGLIATO:
  • "Il mio Soldato mi ha appena scritto/detto che oggi pomeriggio eseguirà con la sua unità, un'operazione di trasporto dal Campo X al villaggio Y. "

GLI ESEMPI RIPORTATI QUI SOPRA RIGUARDANO INFO PUBBLICATE DA FAMILIARI, MA SPESSO SONO I MILITARI STESSI A COMMETTERE L'ERRORE. FATE ATTENZIONE!!
Date solo informazioni molto generiche sui luoghi di missioni, addestramenti ed assicuratevi che il vostro Corpo di appartenenza lo consenta. Alcune unità speciali hanno divieto assoluto di far conoscere anche le informazioni generiche minime. I due esempi 'sbagliati' riportati sopra, contengono troppe informazioni che, se dovessero finire in mano al nemico, potrebbero mettere in grave pericolo il Soldato e i suoi commilitoni e familiari. NON PUBBLICATE/FORNITE/DITE MAI date ed orari inerenti gli spostamenti delle truppe, incluse le date di licenza di metà missione (se prevista) e di inizio/fine missione. Alcuni voli militari sono stati anticipati, posticipati o cancellati a causa di mogli e/o familiari che hanno reso pubbliche queste informazioni, perchè troppo eccitati dall'idea di rivederli o troppo spaventati dalla partenza. Le emozioni giocano brutti scherzi. Esercitate autocontrollo su voi stessi. Avrete tempo di piangere in privato dopo esservi salutati e di gioire dopo esservi ricongiunti con i vostri cari.

''Che ne dite di una bella tazza di 'Chiudete Quella Boccaccia'!''
''PENSATE, PRIMA DI DIRE QUALCOSA DI STUPIDO.''


Per maggiori info su questo articolo e dettagli sull'argomento potete contattarci scrivendoci a laltrametadelladivisa@gmail.com .

 
(Traduzione Info e Regole OPSEC  liberamente tratte da http://operationmilitaryfamily.com/opsec-and-persec/ )


mercoledì 5 settembre 2012

C'è Posta per Noi: La Storia di Caterina

''Ciao, io sono Caterina, ho 21 anni e sto per laurearmi in Scienze dell'educazione. Sto insieme al mio militare solo da 5 mesi, ma ci conosciamo da 8 anni (essendo lui cugino della mia migliore amica).
E' iniziato tutto il 29 dicembre 2011, con una richiesta di amicizia su facebook, io ero già impegnata sentimentalmente da quasi 2 anni, ma era uno dei tanti periodi NO della storia. Accettai la richiesta di amicizia e iniziammo a parlare..avevamo orari un pò strambi dato che lui era in missione in Afghanistan. Col il passare del tempo le cose tra me e il mio allora fidanzato peggioravano, ed io mi affezionavo sempre più al mio granatiere. Il rapporto era un pò strano dato che era iniziato tutto a 5000km di distanza. Lui usciva da una storia abbastanza travagliata e faceva il piacione con tutte, è stato in quei momenti che mi accorsi di provare un pò di fastidio...
Per farla breve ci sentivamo sempre + spesso..e abbiamo convissuto con skype per 3 mesi..gli feci una promessa..quella che mi sarei fatta trovare a Roma (lui da' servizio nei granatieri a Roma)al suo ritorno, ma lui non credeva a ciò che dicevo anche perchè mai nessuna aveva fatto questo per lui. Il 12 aprile rientra dalla missione definitivamente e arriva in caserma alle 12 e 40. Io essendo una fuorisede all'università di Salerno (abitiamo entrambi in Calabria) preparai la mia valigia,presi il pullman (mai stata prima di allora a Roma) e alle 13 ero davanti la stazione Termini..sembravo una stordita, mi misi a chiedere informazioni a chiunque (su 15 persone a cui chiesi aiuto 12 erano stranieri -.-")per trovare la sua caserma che si trova a Pietralata. Presi la metro e quando arrivai gli telefonai dicendogli "scendi"..inizialmente non ci credeva, uscito dalla caserma mi vide e lì capii che ero perdutamente innamorata di lui. Ci salutammo come 2 amici ma poi il bacio è venuto da sè. Lui era tutto euforico e spaesato..solo dopo 10 minuti vide la mia valigia e mi disse "Che resti qui a dormire?"..ritornò in caserma a consegnare delle cose mise un pò di roba nel borsone. Un suo amico nonchè compagno di camera in Afghanistan(che conobbi in una delle centinaia di videochiamate) scese per salutarmi..dopo qualche minuto scese anche il mio militare e andammo in un hotel là vicino di cui gli parlò un suo collega. Le ore scorrevano come se fossero secondi. Passammo 3 giorni meravigliosi..mi fece visitare Roma..mi regalò un crest della missione, una kefia e 2 delle schede afghane con cui mi chiamava quando usciva con il lince :)
Scese in Calabria il 16 aprile io il 18 stavo a casa mia in Calabria :)
Iniziammo ad uscire ogni giorno e a trovarci sempre meglio insieme. Decisi di troncare la storia che avevo con la persona prima di iniziare il rapporto con lui , ma purtroppo si è chiusa in modo molto brusco. Lui mi è stato sempre vicino, quando abbiamo detto ai suoi genitori che stavamo insieme erano tutti euforici anche perchè li conosco da una vita.
E' dal 23 aprile che sto con il mio granatiere, ho lasciato casa a Salerno e salgo solo a dare gli esami (i miei corsi non sono obbligatori) ora abito in Calabria dai miei, lui scende appena può facendomi sempre la sorpresa..aspetto che gli diano la destinazione definitiva e a breve la mia laurea per andare a vivere insieme <3

Baci Caterina''

(Avete appena letto le parole di Caterina, che ringraziamo per averci raccontato la bellissima storia appena nata, con il suo Granatiere. Se anche voi desiderate scriverci delle vostre esperienze e delle vostre storie di vita militare, potete farlo inviandoci il racconto a laltrametadelladivisa@gmail.com . Le vostre storie verranno pubblicate sul blog e condivise sulla pagina ufficiale Facebook 'L'altra metò della Divisa'. Grazie per la preziosa partecipazione!)