sabato 1 dicembre 2012

Perché ho deciso di mettermi in gioco e unirmi a "L’altra metà della Divisa” - di Cristina Norassi


Ero sempre stata una pacifista convinta, non avevo mai capito o condiviso le motivazioni che spingono i soldati a scegliere il loro lavoro e sicuramente prima di conoscere mio marito non conoscevo nessun altro che facesse questo lavoro e quindi non avevo nessuno a cui domandare: perché? Perché scegliete di stare mesi e mesi lontano da casa, lontano dalle vostre famiglie, dagli affetti , dalla vita di sempre? Perché aiutare gli altri con le armi in mano? Offrire il vostro aiuto a chi non ve lo chiede?
Queste erano le domande che mi facevo quando nella mia vita mi capitava di vedere scorrere in televisione le immagini di guerra.
Poi è arrivato lui, classico colpo di fulmine, mi ero innamorata persa ancora prima di conoscerlo realmente e quando mi ha detto che lavoro faceva mi è crollato il mondo addosso.
Lui era perfetto per me, ci incastravamo a meraviglia, era la mia Metà, ma c’era quel piccolo muro così difficile da scavalcare, ho pensato che con il tempo avrei capito, con la condivisione delle esperienza quel muro non mi avrebbe fatto più paura, io che ero terrorizzata dalla lontanza, dalla paura dell'abbandono, io che lo avrei voluto vicino a me in ogni secondo della mia vita.
Invece i mesi passavano e quel muro diventava sempre più insormontabile. E'arrivato un figlio e con lui la prima missione all’estero da affrontare, io con una leggera depressione post parto e il lavoro di mio marito che mi pesava come un macigno sul cuore.
Ho pensato che così non potevo andare avanti, non mi sono mai piaciute le donne che si piangono addosso, dovevo cercare aiuto, possibile che in Italia non esistessero gruppi di sostegno per le famiglie? Mi sono guardata intorno, decisa a non arrendermi e ad uscire dal guscio e ho trovato loro, Deborah con la sua forza travolgente e tutte le altre con il loro affetto.

Non ve l’ho mai detto ragazze, ma mi avete salvata, avete salvato il mio matrimonio.

Mi sono messa in gioco e ho abbracciato questo progetto tuffandomi a capofitto nell’impresa, la nostra impresa e questo mi ha permesso di riavvicinarmi a mio marito, di comprenderlo, di arrivare a capire le sue scelte, non a sopportarle ma a sceglierle a mia volta. Finalmente ho capito che i primi pacifisti sono loro, che amano il loro lavoro così tanto da staccarsi da tutto ciò che amano di più per andare in posti orribili e lontani.
Ora posso dire di essere felice, di essere capace di sostenere mio marito e la mia famiglia e spero che il nostro lavoro possa aiutare tutte voi, care metà, perché so che siete in molte a vivere quello che è stato un incubo per me, ma io sono la dimostrazione che tutto può cambiare, insieme si può cambiare.

Grazie ragazze!


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