mercoledì 31 ottobre 2012

AMD su Vanity Fair. Il nostro lavoro al servizio delle Famiglie Militari Italiane.

Fieri di avere dato il nostro piccolo contributo all'uscita di questo meraviglioso articolo.
Grazie alla giornalista Tamara Ferrari per il suo fantastico lavoro e a Vanity Fair per aver avuto il coraggio e la volontà di affrontare ed approfondire tematiche così delicate.


Per Tiziano, per tutti i Caduti, per i Soldati in missione e per tutte le Famiglie che aspettano il loro ritorno.

Lo Staff

L'articolo esce oggi 31.10.12.
Vi aspettiamo in edicola!


venerdì 26 ottobre 2012

Ciao Soldato.

Apriamo oggi la giornata ringraziando di cuore tutti coloro che hanno lasciato un messaggio sulla nostra pagina Facebook, per esprimere cordoglio, vicinanza, affetto all'ennesima famiglia italiana distrutta dal dolore per la perdita di un Soldato, di un Ragazzo di soli 24 anni, di un Uomo che per il Suo Paese e per gli Ideali in cui credeva, ha dato TUTTO.

Anche questo giorno sarà dedicato a Tiziano, a tutti i Soldati ancora in missione, che dovranno continuare a trovare la forza di andare avanti nonostante la perdita di un amico, ai familiari di questo valoroso Soldato ai quali siamo vicini con tutto il nostro cuore e a chi di voi vorrà lasciare un commento, un ricordo, o anche solo un pensiero affettuoso. 


Lo Staff AMD

mercoledì 24 ottobre 2012

Il Gruppo di Supporto alla Famiglia Militare. Cos'è e perchè farne parte? - di Daniela, Elena, Francesca e Luana

La tua Metà è appena partita per una Missione all'Estero.
Ancora non ti rendi conto che sta accadendo davvero.
Purtroppo è la realtà: 6 mesi (più o meno) lontano dall'uomo/donna che ami.
Ora che stai metabolizzando la situazione corri a cercare conforto da parenti ed amici, che non sono poi così comprensivi: “Ma come fai?! Poverina, però c'è da dire che quando torna avrà guadagnato un sacco di soldi!”
Quante volte hai sentito ripeterti questa frase?! Eh sì, perché è difficile spiegare cosa si prova a chi ci sta intorno e non conosce, in profondità, questo mondo.
La situazione diventa ancora più complicata nel caso in cui, oltre a gestire le tue emozioni rispetto alla partenza e alla lontananza di un familiare, tu abbia anche dei bambini , ed il pensiero corre subito a come riuscirai a fronteggiare la loro reazione ai lunghi mesi di assenza del padre/madre e a dare loro il giusto aiuto.
Se invece sei figlio di un militare, la tua famiglia forse si è trasferita da poco in una nuova città e ti trovi a cambiare frequentemente amici, scuola e a ricostruire ogni volta le tue relazioni da zero. Provi un senso di rabbia a causa di questa vita sempre un po’ su e giù per lo stivale, anche se sai che non c’è una colpa né un colpevole e che questo è il lavoro di tuo padre/madre e sei orgoglioso di quello che fa.
La Rete Supporto Famiglie Militari 'L'altra metà della Divisa' nasce proprio con l'intento di creare un supporto reale ,concreto ed assolutamente gratuito a disposizione di tutte le famiglie dei militari italiani.
Il gruppo di supporto racchiude  in sé una grande potenzialità d'aiuto favorendo il rispecchiamento e la condivisione, facendo sentire chi ne fa parte, accettato e sostenuto nell'affrontare cambiamenti così importanti per la propria vita. Si sperimenta l'essere "non più soli"; il poter parlare dei propri sentimenti senza sentirsi giudicati, aiuta ad uscire da quel circolo vizioso che si chiama isolamento e dando la possibilità di esternare la propria esperienza e tutte le emozioni, tristi o gioiose che siano.

Perché partecipare attivamente ad un gruppo di supporto ?

  • Condividere e accettare. Fondamentale in questi momenti è poter contare sul sostegno emotivo e concreto di qualcuno che ci capisce e che si trova o si è trovato nella nostra stessa situazione. L’identificazione nel cammino evolutivo di persone percepite come simili a noi, esercita un rinforzo e un sostegno maggiori, rispetto al confronto con persone che sono estranee alle situazioni che in genere viviamo come familiari di militari, perché ci fa sentire accettati, compresi e non “diversi”.

  • Essere solidali. Solidarietà che non si limita al contesto virtuale del blog o dei social network, anzi, si crea un legame che prosegue nella realtà, che continua tra i componenti del gruppo, che si incontrano, organizzano eventi , si scambiano consigli , informazioni ed ogni singolo membro del gruppo è sempre di supporto a qualcun altro.

  • Socializzare e diminuire l’isolamento. Il gruppo di supporto permette di aumentare il numero delle relazioni amicali, che si rivela utile soprattutto in contesti come quelli delle grandi città, dove una famiglia militare si è appena stabilizzata e tende a sentirsi sperduta ed isolata. Una comunità, anche se formata da un numero ridotto di persone,come potrebbe essere quella del gruppo di supporto, può soddisfare un bisogno di inserimento ambientale.

  • Aumentare l’autostima ed abbassare i livelli di stress. Far parte di un gruppo con il quale si possono condividere emozioni, preoccupazioni, tempo libero permette di ridurre l’ansia producendo un abbassamento dei livelli di stress percepito. Senza sottovalutare che entrare a far parte di un gruppo di supporto come questo, procura un aumento dell'autostima e rappresenta una fonte inesauribile di arricchimento e crescita personale.

Affinché l'obiettivo possa essere raggiunto verranno proposti degli incontri ,delle attività ludiche e ricreative,degli eventi culturali per conoscere e farsi conoscere, per scambiarsi idee emozioni e parole, per sviluppare delle relazioni tra i partecipanti facilitando la nascita di legami di amicizia e la creazione di un patrimonio di conoscenza comune.


Autrici dell'articolo:

Daniela Albanesi (Responsabile Gruppo Supporto Famiglie Militari AMD Viterbo)
Elena D'Aversa (Responsabile Gruppo Supporto Famiglie Militari AMD L'Aquila)
Francesca Conte (Responsabile Gruppo Supporto Famiglie Militari AMD Viterbo)
Luana Maria Jaselli (Responsabile Gruppo Supporto Famiglie Militari AMD La Spezia)



martedì 23 ottobre 2012

Rubrica 'Scrivi...Ti ascolto' - Inbox


Per la Rubrica della Dottoressa Rachele Magro 'Scrivi...Ti ascolto', pubblichiamo di seguito la mail inviata da una Metà che scrive per chiedere un consiglio, e la risposta della nostra psicoterapeuta, con il riscontro finale del consulto.

Se anche voi desiderate partecipare alla Rubrica 'Scrivi...Ti ascolto' e ricevere i consigli di Rachele, scrivete a scrivitiascolto@libero.it . Ricordatevi di includere il consenso alla pubblicazione delle vostre richieste in forma anonima, complete della risposta della Dottoressa Magro, in modo che le altre persone che stanno attraversando la stessa difficoltà possano ricevere un aiuto diretto e sentirsi meno sole e più comprese.


Inbox:
''Ciao Rachele,
Ti contatto grazie al blog ''L'altra metà della Divisa'' .
Il mio fidanzato è in missione ed io non riesco ad andare avanti nella mia vita. Sono una studentessa universitaria...il mio problema principale è proprio quello di non riuscire a seguire i corsi e sostenere esami. Mi sembra che tutto si sia fermato da quando lui è partito. Nella prima missione ho smesso di vivere nel senso che trascorrevo le mie giornate davanti al pc e mi piangevo continuamente addosso. Questa volta voglio provare ad andare avanti, voglio continuare la mia vita...impegnare le mie giornate ma soprattutto studiare e sostenere esami. Vorrei dei suggerimenti, ti ringrazio in anticipo per avermi dedicato del tempo.''

Risposta della Dott.ssa Rachele Magro:
''Carissima la motivazione e' già un ottimo punto di partenza. Forse dovresti rivedere la tua idea di coppia. La coppia simbiotica non è mai stata considerata funzionale. La coppia è formata da due individualita' che come tali percorrono ognuno la propria strada ma in modo parallelo all'altro. Vivi la tua vita, impegnati per crescere e poter poi condividere insirme esperienze diverse. Se il pensiero è troppo ossessivo scrivi un diario dove depositarli e poi fagliene dono. Un caro saluto Rachele''

Inbox:
''Grazie Rachele
ti ringrazio per i consigli....proverò a metterli in atto. Oggi ho iniziato a scrivere il mio diario...ho scaricato alcuni consigli dal blog ''L'altra metà della Divisa'', cercherò di vivere la mia via al meglio senza trascurare niente e nessuno!!!grazie per avermi ascoltata!!!baci''



domenica 21 ottobre 2012

C'è Posta per Noi: La Storia di Ersilia

Conosco molto bene Ersilia.
Ho avuto il piacere immenso, grazie a 'L'altra metà della Divisa', di venire a contatto con lei, quasi un anno fa. E' uno dei regali più belli che questo progetto mi ha fatto, una delle persone più coraggiose e determinate che io abbia conosciuto. Una mamma ed una moglie che per difendere il benessere della sua famiglia ha dovuto lottare con le unghie e con i denti e che ha saputo trarre da un'esperienza che avrebbe messo k.o. più di qualcuno di noi, il lato positivo. Si è unita a noi come responsabile del Gruppo Supporto Famiglie Militari di Bracciano e sta cercando, attraverso 'L'altra metà della Divisa' di regalare alla sua famiglia e a tutte le famiglie militari italiane, un futuro più sereno, per essere certa che nessuno sia più costretto a sottoporsi a tutto il dolore che lei ha dovuto attraversare e superare con le sole sue forze. - Deborah Croci

La Storia di Ersilia.

''Voglio portare la mia testimonianza,perchè vorrei che tutti capissero che ruolo fondamentale ha il supporto alle famiglie militari,supporto inteso a 360° ,perchè ricordiamocelo che quando un soldato parte c'è un prima,un durante e un dopo e si spera sempre che in quei mesi non accada mai niente di grave.Non mi ero resa realmente conto di quanto fosse importante tutto ciò,ed è per questo che ora lotto,perchè le cose cambino perchè oltre la divisa ci sono sentimenti che non possono essere sottovalutati.Ci sono donne uomini,bambini che DEVONO essere seguiti affinchè una missione,un partenza non si trasformi in gravissimi disagi per chi resta a casa,per chi ha scelto di condividere questa vita e che MAI deve essere lasciato da solo.Ripercorro questi eventi con grandissimo dolore,ma voglio che la mia storia faccia RIFLETTERE,MEDITARE chi ha il potere di cambiarle le cose.Prima che partisse mio marito,avevamo messo in preventivo il dolore dell'assenza per me e per i miei bimbi di 5 anni e 8 mesi,che sarebbe stata dura,di certo non avevamo pensato a cose più gravi.Era il 10 settembre,avevo appena salutato mio marito, squilla il telefono e mi ritrovo a parlare con un dottore il quale mi comunica che mio figlio rientra tra i bambini coinvolti nello scandalo ''TBC Gemelli'' ,che il bimbo è positivo alla tubercolosi e che avevano bisogno di parlare con entrambi i genitori del bambino,perchè c'era una terapia da iniziare.In pochi minuti mi è crollato il mondo addosso,sola con i miei due bimbi senza i miei genitori,fratelli qualcuno che mi potesse dare un conforto ,ma soprattutto senza  mio marito,che dovevo fare?Come dovevo fare? E soprattutto alui che ormai era partito...dovevo dirlo?o Lasciarlo all'oscuro di tutto e decidere tutto da sola?In pochi mesi sono stata letteralmente trascinata all'inferno,decidendo comunque di dire tutto a mio marito e così mi ritrovavo ad essere forte e fare coraggio non solo a me ma anche a lui,che non riusciva a capire completamente quello che stesse accadendo.Ho passato nottate intere al pc cercando di capire,parlato con 10 dottori diversi,avvocati per capire come tutelarci e tutto da sola.La terapia è durata 6 lunghissimi mesi (ironia della sorte la stessa durata della missione),psicologicamente ancora non mi sono ripresa da tutto quello che è successo,avevo un bimbo che reagiva male alla terapia e non stava bene,una bimba di 4 anni che piangeva ogni sera perchè le mancava il suo papà e voleva gisutamente le attenzioni della mamma,attenzioni che non sempre poteva avere perchè ero sempre in giro tra ospedali e pediatri ;tante volte ho creduto di impazzire ,che non ce l'avrei fatta di fare quella telefonata e dirgi ''torna perchè io da sola non ce la faccio'',ma non volevo,perchè lui in quelle terre lontane stava facendo il suo lavoro,e così sono andata avanti.Passavano i mesi e le cose non miglioravano,anzi il piccolo fu ricoverato ,fortuanatamente una mia amica si prese  cura di mia figlia,nel frattempo che i miei genitori si mettessero in treno e venissero a casa per prendersi cura di lei,giorni di disperazione ma che ancora una volta mi costringevano ad essere forte,perchè dovevo far forza ai miei figli,ma soprattutto a mio marito che a5000 km di distanza soffriva per la sua famiglia,per suo figlio e per me,costretta a farmi carico di tutto.Quanto avrei avuto bisogno di qualcuno che mi desse coraggio,qualcuno che supportasse me ela mia famglia!!Come una luce  in una notte buia,mi sono imbattutta sulla pagina de ''L'altra metà della divisa''ed ho capito che quel progetto era quello di cui tutte noi famiglia militari abbiamo bisogno.Quante notti ho paralto con Deb. ,della mia paura di non farcela ,di vivere una situazione troppo grande per me e per la mia famiglia,e quante volte con la sua forza  mi ha aiutata ad andare avanti.Gli strascichi di questa missione ce li portiamo ancora dentro,sono mesi che io e mio marito cerchiamo di riportare un pò di serenità a nostra figlia che in primis ha sofferto di più.Quello che è successo a me ,potrebbe capitare a chiunque ed è per questo che DOBBIAMO intervenire,con supporto psicologico,supporto morale,nessuno deve essere lasciato da soloL'unico pensiero per un soldato che si trova in missione deve essere quello di pensare al suo lavoro e deve sapere che i suoi cari i suoi affetti sono al sicuro,perchè chi si prenderà cura di loro.''

venerdì 19 ottobre 2012

Le regole base del Mangiar Bene: un'alimentazione sana e corretta per chi parte e per chi resta! - di Michelle Nerantzis

Sono una consulente nutrizionista autorizzata, appassionata di nutrizione da sempre, aiuto le persone a stare bene sia con se stesse che, conseguentemente, con gli altri.
Mi occupo di dimagrimento ma anche di benessere generale.
Moglie di un Soldato, sono tra le Responsabili del Gruppo Supporto Famiglie Militari AMD L'Aquila.
Per questo Blog mi occuperò anche della nuova Rubrica ''AMD Nutrizione''. Risponderò alle vostre domande e scriverò articoli per fornirvi consigli generali ed informazioni dettagliate sulle regole base del mangiar bene. Perchè se desideriamo affrontare una missione al meglio, una corretta alimentazione è fondamentale per il benessere del Soldato che parte e dei familiari che restano a casa ad attendere suo rientro.

 
Di seguito vi illustro alcune regole base per una sana alimentazione:
Una colazione da Re, un pranzo da Principi, una cena da Povero. Ovviamente per ovviare cali glicemici si intervalla il tutto con un sano spuntino.

Per sentirsi bene e stare in forma non basta però nutrirsi bene. Ci vuole anche dell'attività fisica giornaliera (non vale lo zapping sul divano!).
Una camminata, andare in bicicletta e... si, anche rifare i letti e pulire casa!

Alimentazione consigliata per i nostri Soldati:

I nostri Soldati, si sa, sono spesso fuori casa, per campi, addestramenti e quant'altro.
La mensa nella maggior parte dei casi non è di buona qualità ed il pacchetto viveri non è il massimo.
In linea generale sarebbe opportuno che il menù servito nelle mense venga studiato da nutrizionisti per garantire un'alimentazione corretta e bilanciata, adatta allo stile di vita ed alle
dei nostri Militari.

Cercherò di seguito di dare delle linee guida per trarre il meglio dal cibo che avrete di fronte, fornendovi dei piccoli consigli per aiutarvi a fare la scelta giusta.

Colazione:

La mattina si consiglia di fare un'abbondante colazione.
Non solo una tazzina di caffè.

Un esempio potrebbe essere 150ml latte parzialmente scremato con una tazzina di caffè ed un cucchiaino di zucchero di canna, 20gr fette biscottate integrali ed un frutto.

Spuntino:

Un frutto, anche in succo di frutta - basta che non contenga zuccheri aggiunti - oppure un cappuccino con latte parzialmente scremato con 1 cucchiaino di zucchero di canna.

Pranzo:

Qui diventa ardua la scelta, a seconda che si tratti di pranzare in mensa mensa o con il sacchetto viveri.

Mensa: Un primo con verdure, un secondo (no formaggi o carne rossa), un contorno che non sia patate ed un frutto.

Sacchetto Viveri: evitate di mangiare gli insaccati e optate per le scatolette di tonno. tra i due mali si sceglie il minore, no?! Pane e frutta sono concessi.

Spuntino pomeridiano:

Anche in questo caso se siete a casa potete mangiare un bel frutto o uno yogurt mentre se siete fuori io consiglio una mela affiancata da un quadratino di Parmigiano. Perchè fare questa scelta? Perchè in questa maniera si abbinano gli zuccheri della mela con le proteine del Parmigiano, che vi aiutano a non sentire la fame fino a l'ora di cena.

Cena:

In linea generale cercate di privilegiare i secondi.
Carne bianca/pesce/legumi con un bel contorno di verdure, magari fatto al vapore per tenere intatte le proprietà nutritive.
Anche la pizza può andare bene. Basta scegliere una Margherita con un bel contorno, anche qui di verdure.. e non valgono i fritti!!

I consigli alimentari per le Metà che aspettano a casa:

Non abbuffatevi di McDonald's (Dio solo sa cosa ci buttano dentro!!!) oltre che a fare malissimo, i panini che mangiate si posano sui vostri fianchi!

Anche per la cioccolata ed i dolci vale la stessa cosa!!

Volete farvi un panino? va bene.. purchè lo prepariate voi utilizzando macinato di tacchino, niente salsine ed aggiungendo della bella insalatina fresca. Per quanto riguarda la scelta del pane io consiglio sempre quello integrale. Sazia di più, contiene fibre e non rallenta il metabolismo come invece succede se si opta per il pane bianco.

La vostra dieta sarà simile a quella dei Soldati, tranne che per il pacchetto viveri...naturalmente!

Ricordo a tutti che queste sono delle linee guida. Se desiderate seriamente intraprendere una dieta consiglio di rivolgervi al vostro medico di fiducia.


Se avete delle domande da porre riguardo a questo articolo o desiderate ricevere consigli e suggerimenti che vi aiutino a migliorare la vostra alimentazione, scrivetemi a amdnutrizione@yahoo.com . Ricordatevi inoltre di indicare la disponibilità a pubblicare in forma anonima le vostre richieste, corredate dalla mia risposta in modo che i miei consigli possano essere d'aiuto a tutti coloro che hanno le vostre stesse necessità e dubbi.


giovedì 18 ottobre 2012

Task Force 45. Testimonianza Tg2 Dossier e Lettera Anonima

Pubblichiamo con estremo orgoglio questa lettera giunta oggi via mail.
L'autore resterà anonimo per ragioni che comprenderete leggendola.
Sapere che il nostro lavoro è efficace e di immenso valore per famiglie militari come quelle descritte qui sotto, non può farci altro che piacere e parole come queste ci danno la forza per andare avanti con impegno e dedizione nella nostra missione per tutti i militari e le loro famiglie. - Deb


''Ciao Deb!
Con una punta di orgoglio vorrei segnalarti un servizio molto bello fatto da tg2 Dossier, mandato in onda il 13 ottobre scorso, sulla Task Force 45.

E’ stato molto bello che siano stati ricordati questi soldati e le loro famiglie, gli sforzi e i sacrifici che compiono nel sopportare e supportare il soldato durante le lunghe e molto frequenti missioni!A volte è frustrante far parte di questo mondo perché essendo forze speciali è richiesta la massima riservatezza, anche da parte dei famigliari, i quali sono spesso all’oscuro di tutto. I sacrifici sono tanti e la ricompensa in termini di gratificazioni è scarsa, ma noi tutti siamo orgogliosi di loro, del loro operato e li ringraziamo per il contributo che danno a mantenere alto l’onore dell’Italia anche all’estero!

Cara Deb spero di non essermi dilungata troppo, è stata un’occasione per noi famiglie che facciamo parte di questo mondo di sentirci gratificate per tutti i sacrifici che ci vengono chiesti!
Ti allego qui sotto il link!

http://www.difesa.it/Media/Pagine/TaskForce45-Tg2Dossier.aspx

Colgo inoltre l’occasione di ringraziarti di cuore per tutto il lavoro che svolgete con incessante entusiasmo!
Grazie, ragazze, i vostri articoli e i vostri consigli mi danno la forza per affrontare questa vita che ho scelto di vivere a fianco del mio alpino!

Grazie''

Osservazioni da altre prospettive - di Oscar

Pubblichiamo di seguito un elaborato inviatoci via mail da Oscar, a commento dell'articolo di Luana Fiorenza 'E tornare a volare fa meno paura', del 26 Settembre, che potete leggere a questo link:

http://www.laltrametadelladivisa.blogspot.it/2012/09/e-tornare-volare-fa-meno-paura-di-luana.html

Abbiamo risposto direttamente e privatamente ad ogni domanda dell'autore dell'elaborato, ed oggi lasciamo a voi Metà, ogni eventuale commento o considerazione in merito.

Precisiamo per una maggiore chiarezza nei confronti del pubblico, che attualmente 'L'altra metà della Divisa' non è ancora Associazione (siamo in fase di costituzione) e che quindi la terminologia utilizzata dall'autore definendoci come tale non è corretta. A questo proposito molti degli interventi di cui ci viene richiesto riscontro qui sotto, sono stati eseguiti localmente, privatamente e rivolgendoci direttamente alle persone interessate e coinvolte. Non abbiamo nè l'autorità nè i riconoscimenti per esporci pubblicamente come punto riferimento in situazioni di emergenza allo stato delle cose. Facciamo quindi del nostro meglio, anche in situazioni così delicate, per essere presenti e supportare le famiglie, nell'ambito delle nostre possibilità e con l'aiuto concreto dei nostri consulenti sempre presenti ed attivi sia sul territorio sia a distanza.
L'introduzione alla lettera di Luana, non voleva quindi essere un modo per descrivere ciò che è stato fatto da parte nostra (per i motivi spiegati sopra) come Gruppo di Supporto, ma per alzare il livello di attenzione, in modo anche provocatorio e molto diretto, sull'esigenza di predisporre e migliorare i servizi da dedicare alle famiglie militari in situazioni non solo di emergenza, come quella a cui si fa riferimenti qui, ma in linea generale. Chiariamo inoltre a questo proposito che le 'poltrone rosse' a cui si fa riferimento sia nell'articolo, sia nell'elaborato di seguito riportato, non sono in alcun modo riferite all'ambito militare.

Tutto ciò per dovere di cronaca. Buona lettura! - Deborah Croci


'OSSERVAZIONI DA ALTRE PROSPETTIVE' - di Oscar

''Cara Debora, cara Luana, care metà
ho letto con attenzione e con partecipazione l’articolo che avete pubblicato e all’inizio non ho capito bene se il contenuto mi piaceva oppure no. Pur essendo un racconto pieno di sentimento e di coinvolgente passione, la prima impressione che ne ho avuto è stata che mancasse qualcosa da paragrafare.
Prima di avventurarvi in questa lettura però siate coscienti del fatto che l’intenzione di questo post non è di criticare lo scritto ma piuttosto di costruire qualcosa (in questo caso un’attitudine) che possa aiutare ad affrontare scongiurati eventi futuri.
Sostanza:La prima cosa che ho avvertito, al termine della lettura dell’articolo, è stato astio dichiarato con un forte messaggio di ammonizione nei confronti delle istituzioni militari per aver commesso una “omissione di tatto”; solo successivamente è passato il messaggio della “famiglia” (intesa in senso lato e non necessariamente correlato alla fede nunziale) quale parte integrante delle Forze Armate.  
Con qualche perplessità che mi continuava a girare “on the back of the mind” ho chiuso il mio laptop e sono tornato a studiare ma…. Ma qualcosa continuava a ronzarmi per la testa. 
Senza riuscire a concentrarmi sulle mie successive attività, sono addivenuto alle seguenti conclusioni che vorrei condividere con Voi del “l’altra metà della divisa” ponendo, in maniera provocativa, alcuni quesiti che non necessariamente necessitano di risposta ma che vogliono stimolare a loro volta riflessioni: 
Avete mai osservato molto da vicino un quadro di Van Gogh?Sarete sicuramente in grado di apprezzare il tocco magico dell’artista ma non l’insieme di sfumature che quelle le singole pennellate disegnano. Se siete troppo vicini alla tela non sarete in grado di vedere l’insieme del quadro, per cui vi sarà necessario fare un passi indietro per apprezzare a pieno l’opera. 
Probabilmente nell'evento occorso, fino ad oggi, siamo stati (plurale maestatis) troppo vicino alla tela e abbiamo tralasciato qualcosa di dettaglio (ma al contempo macroscopico), integrante per i sensi come la visione periferica e che, comunque, si muoveva intorno.
Quanto detto ci conduce verso i veri  quesiti di sostanza che tutti dovremo considerare, ovvero: -         Coloro che sedevano sulle “poltrone rosse” erano distratti a fare altro (pertanto mancavano del citato contatto diretto) o piuttosto erano impegnati a gestire le mille altre cose che gravitano intorno ad un evento di questo tipo? -         Il silenzio dell’autorità militare in loco e la successiva telefonata da parte del diretto interessato è stata una casualità o piuttosto un atto discusso/concordato/pilotato affinché avvenisse proprio com'è avvenuto e come da Luana correttamente descritto?-         Da parte di un familiare è più confortevole ricevere l’informazione in questo modo o piuttosto sentirsi chiamare dall’autorità militare?-         Una volta istituito il contatto diretto e continuo tra i congiunti/familiari, ed una volta chiarita la situazione, come avrebbe potuto/dovuto intervenire (in seconda battuta ed in secondo momento) il Comando e con che tipo di informazione di conforto? -         Opportunità?
Parafrasando il trafiletto iniziale di Deborah Croci vorrei avanzare la mia riflessione in merito in qualità di Soldato il cui PRIMO ed UNICO pensiero nei momenti peggiori, non è altro che la sua Famiglia, la sola cosa che conta quando tutto intorno diventa buio:Pur comprendendo l’angoscia e l’umana preoccupazione dei cari familiari, e comprendendo appieno l’eternità che passa in quelle poche ore/giorni (prima del rientro), non credo che le informazioni abbiano avuto flussi errati; piuttosto, credo che l’autrice della missiva aveva nei confronti delle autorità militari delle aspettative di contatto diretto diverse da quanto avvenuto. Tali modalità di contatto sono state lungamente discusse dallo staff del Comando, ma sono state diversamente valutate da chi eventi simili, purtroppo, li ha già dovuti gestire con epiloghi decisamente differenti (e questo è profondamente diverso dal dire che coloro che stanno 'seduti sulle loro poltrone rosse' non comprendono ancora quanto il supporto alle Famiglie Militari sia di fondamentale importanza per far funzionare un sistema che altrimenti rischia di fare acqua da tutte le parti)

Consentitemi ora di cambiare il soggetto della discussione e di porVi altre domante retoriche/provocatorie:
        
-Che cos’è “l’altra metà della divisa”? (vedi sezione About – il progetto)        

-Qual è il ruolo che “l'altra metà della divisa” ha assunto nella vicenda?

-Le rappresentanti di questo progetto “l’altra metà” (che per pura coincidenza sono strettamente legate da un vincolo di amicizia con l’autrice della lettera) si sono interfacciate con la famiglia del soldato coerentemente con gli intenti preposti dal gruppo o hanno affiancato semplicemente un’amica in difficoltà?

- L’associazione dispone di strumenti di sostegno e, se si, quali azioni sono state intraprese a supporto? (vedi sezione Consulenti)

-“L'altra metà della divisa”, approfittando della favorevole posizione geografica del Comando collocato nella stessa città sede del “progetto”, si è mai presentata (ufficialmente o non) al Comando, con la determinazione che la contraddistingue, per chiedere informazioni in merito allo stato di salute, alla data di rientro dell’infortunato, alle successive pratiche da espletare…  ha mai chiesto se c’erano altri militari coinvolti nell’evento (altre famiglie da contattare, altri eventi di carattere “supporto” da gestire etc etc..)

-Un gruppo come questo (L’altra metà), in casi simili, può farsi carico di esercitare anche la funzione informativa (oltre che di supposto supporto?)

Tutte le osservazioni sopra trascritte non hanno l’intento di riaccendere un braciere ancora "caldo" anche perché noi tutti (me compreso) siamo ancora troppo vicini alla tela per comprendere tutte le implicazioni militari/mediatiche/sociali/personali dell'evento.
Ciò che dobbiamo considerare è che questo “blog informativo” viaggia su una rete di comunicazione virtuale globale pertanto è visibile a tutti, anche a coloro che dall’altro capo dello stivale hanno (o vorrebbero) un gruppo di supporto famiglie più o meno articolato come “l’altra metà della divisa”. A loro, e a tutti gli altri lettori va rilasciato un una lista di cose che si possono fare o messaggio finale che potrebbe trarre vantaggio da un'esperienza vissuta, per quanto triste (ma con lieto fine), per spronare comportamenti successivi e tirando fuori quegli insegnamenti che gli americani chiamano "lesson learned".
Concludo quindi dicendo che, fermo restando l'alta valenza del romanzato vissuto di Luana (che personalmente ho apprezzato moltissimo), forse avrebbe avuto senso introdurre la lettera con preventive risposte ai quesiti sopra esposti piuttosto che puntare il dito contro "non si sa cosa" avrebbe dovuto fare "non si sa chi". 
In totale spirito partecipativo, per un mutuo miglioramento.
Oscar 

PS: noi non abbiamo “poltrone rosse”, solo nere e qualcuna di un grigio sbiadito.
Meditate gente, meditate…''

lunedì 15 ottobre 2012

Rubrica 'Ridi che ti passa!' - 10 Consigli per affrontare con Ironia la Missione del vostro Soldato - di Maria Chiara Santoro


Carissime, all’ennesima esperienza di missione di pace, ho affinato la percezione di tutte le situazioni che, durante questo periodo, possono acuire il nostro disagio. Posso testimoniare di aver scoperto che vivere questa esperienza con un po’ di sportività, aiuta moltissimo a sdrammatizzare.,a mantenere il controllo e, soprattutto a non perdere mai quella preziosa risorsa che è l’ottimismo. Voglio trasmettervi dieci consigli che vi faranno sorridere senz’altro ma che, al contempo, e voi stesse lo constaterete, forniscono un reale quadro di quanto accade in questi frangenti.

Con affetto

Maria Chiara

DIECI CONSIGLI PER AFFRONTARE CON IRONIA LA MISSIONE DEL VOSTRO SOLDATO.


  1. Appresa la favolosa notizia mostrati entusiasta all’idea di rimanere finalmente da sola, fiera del sobbarcarti l’intera famiglia sulle spalle. Hai sempre sognato di diventare una “superwoman”. E poi, questo importante ruolo, tranquilla, ti verrà riconosciuto pubblicamente e sarai ampiamente sostenuta da tutti.
  2. Attiva per tutto il periodo antecedente la partenza una segreteria telefonica che filtri le telefonate della miriade di parenti, amici, affini che, preoccupati, non fanno altro che ricordarti che lui andrà in un posto pericoloso e che, i bambini, poveri, saranno quelli che soffriranno di più. Tanto tu non sei la moglie e non te ne importa un accidente di lui e dei vostri figli.
  3. Evita accuratamente di comunicare alla gente comune dov’e’ e cosa sta facendo tuo marito. D’altro canto e’ il suo dovere, dovevi saperlo quando l’hai sposato! Questo per evitare omicidi colposi che aggraverebbero la tua situazione.
  4. Rifuggi dall’illusione di poter stabilire un contatto telefonico costante. E’ gia’ un miracolo se riesce ad avvisarti che e’ arrivato o che sta rientrando a casa. Tanto sentirsi sarebbe solo deleterio, acuirebbe la nostalgia e poi gli permetterebbe di essere, almeno via cavo, piu’ presente. Cosi’ potresti trarne insperati e immeritevoli benefici.
  5. Premunisciti contro tutte le inimmaginabili sfortune che certamente ti colpiranno durante tutto il periodo: rubinetti che perdono, lavatrice che crea allagamenti degni di Noe’, pneumatici che si forano e via dicendo. Per non parlare delle varie e diverse tipologie di infezioni batteriche e virali che si abbatteranno su di te e sui tuoi figli. Non c’e’ problema, iscriviti a degli utilissimi corsi sul “fai da te” e di “primo soccorso”, tanto hai tempo in abbondanza da impiegare proficuamente.
  6. Nei weekend non sognarti nemmeno di riposare. Impiegali con entusiasmo a stirare, pulire, rassettare e quant’altro pensabile, per recuperare quanto non sei riuscita a fare durante la settimana. Perchè, ricorda, sei moglie, madre, lavoratrice, ma anche efficientissima ed indefessa casalinga.
  7. All’approprinquarsi del suo rientro prenota una settimana in un “Centro Benessere” dove recuperare un aspetto umano, mediamente gradevole,per evitare che lui, rivedendoti, non chieda l’immediata assegnazione ad una nuova missione, vista la tua avvenuta mutazione.
  8. Pratica quotidianamente del sano training autogeno ripetendoti, dopo aver inspirato profondamente, che sei forte, che ce la farai, che nulla potrà abbatterti. Quando espiri, però cerca di non esplodere in un pianto a dirotto. Nullificheresti gli effetti benefici della terapia. E ti conviene assicurarteli, perchè è l’unico supporto che possiedi.
  9. Quando i tuoi figli ti fanno arrabbiare conta fino a dieci, poi fila in bagno, guardati allo specchio e rimprovera te stessa perche’ non hai abbastanza pazienza o non possiedi più forze da elargire. E, possibilmente, incolpa anche lui che, ignaro e beato, sta godendosi tranquillo la sua missione di pace. Perchè e’ così che si affrontano i momenti difficili…prima di fuggire a gambe levate sull’Himalaya o in Patagonia!
  10. Ultimo consiglio, questa volta serio. Non demordere mai, non permettere che lo sconforto e la paura abbiano il sopravvento, confida e affidati al buon Dio, perchè noi, compagne di militari, abbiamo una marcia in più: la forza interiore. Quella del cuore.


(Inviateci i vostri consigli ironici, le storielle tragicomiche e raccontateci le vostre esperienze divertenti e gli episodi ridicoli che accaduti mentre eravate alle prese con la Missione del vostro Soldato. Se vi hanno strappato una risata e vi hanno aiutato ad affrontare la distanza regalandovi un momento di allegria, daranno una mano anche a chi legge e si trova in questo momento nel bel mezzo della Missione!
Scriveteci a laltrametadelladivisa@gmail.com e i vostri racconti verranno pubblicati all'interno della Rubrica 'Ridi che ti passa!' - Grazie per la preziosa collaborazione!)



giovedì 11 ottobre 2012

La ''bolla di sicurezza'' - Testimonianza e Lavoro del Fotogiornalista Freelance Giuseppe Carotenuto in collaborazione con Paolo Giordano

Con immenso piacere pubblichiamo la video-testimonianza di Giuseppe Carotenuto, un fotogiornalista freelance che ha lavorato accanto allo scrittore Paolo Giordano per raccontare l'esperienza dei nostri Militari in Afghanistan, e farci vedere attraverso i loro occhi, quello che accade in quei territori e con quanta forza, passione, tenacia, sentimento, paura ed emozione i nostri Soldati vivono la loro Missione di Pace laggiù.
Da questa esperienza presso la fob 'Ice', situata in un avamposto ancora poco esplorato nel distretto del Gulistan, è nato il nuovo Libro di Paolo Giordano 'Il corpo umano'. ''L'energia delle suggestioni che avevo ricevuto in appena dieci giorni trascorsi laggiù'' - commenta lo scrittore - ''si è rivelata più forte di ogni paura o riluttanza e mi ha trascinato fino al termine, un anno e mezzo dopo. Il risultato è un romanzo di guerra, anzi, un romanzo sulla guerra, nelle sue molteplici incarnazioni: la guerra propriamente detta, quella dell'Afghanistan; la guerra dei rapporti intimi, affettivi e famigliari; e la guerra, invisibile e pericolosissima, contro se stessi. I molti personaggi della storia sono ognuno alle prese con il doloroso passaggio fra l'essere giovani e il ritrovarsi d'un tratto adulti, cambiati, con responsabilità che ancora non vorrebbero o non sono pronti ad assumere.".

Di seguito pubblichiamo le parole di Giuseppe Carotenuto ed il Video, commentato da Paolo Giordano, che potete vedere anche sul sito del Corriere della Sera''.

'' Quando Vanity Fair mi propose di ritornare in Afghanistan per continuare a raccontare la vita dei Nostri Militari Italiani, fu per me una bellissima notizia. Questo significava che il mio primo lavoro, realizzato nel luglio del 2010 era stato apprezzato e la cosa mi riempiva di gioia e mi motivava ancor di più andare avanti nel mio lavoro. La cosa che un po' mi metteva in agitazione era il fatto che non sarei stato solo ma bensì accompagnato dallo scrittore Paolo Giordano. Mi sentivo leggermente impreparato visto che non avevo nemmeno letto il suo primo romanzo,"La Solitudine dei Numeri Primi". In quel viaggio raccontammo per primi l'avamposto italiano di Buji, successivamente balzato alle cronache nazionali dopo l'ennesimo attacco da parte dei Talebani e la morte di Matteo Miotto il 31 dicembre del 2010. Avevo conosciuto e ritratto Matteo durante la mia permanenza nella Fob Ice. Ho ancora ben impressi nella mente i volti di quei ragazzi, quasi tutti miei coetanei, carichi di ansia e preoccupazione poco prima di sbarcare nel combat outpost Buji, tra loro c'era anche Matteo Miotto. L'anno successivo Paolo mi propose di ritornare con lui in Afghanistan e di occuparmi della parte fotografica e video per il suo nuovo romanzo. Nel link che posto, pubblicato dal Corriere della Sera, il prodotto finale del Nostro lavoro. ''

http://video.corriere.it/flash/f6937cca-1170-11e2-b61f-b7b290547c92

A nome di tutte le Responsabili de 'L'altra metà della Divisa', dello Staff, dei nostri Soldati, e delle Famiglie Militari italiane ringrazio di cuore Giuseppe Carotenuto e Paolo Giordano per aver contribuito a sensibilizzare l'opinione pubblica mettendo in luce l'Uomo che c'è oltre la  Divisa, con le sue fragilità, i suoi sentimenti, le sue emozioni e i suoi affetti più cari, e per aver puntato l'obbiettivo sul cuore e sull'anima, di questi nostri Ragazzi, che con sacrificio ed impegno lavorano ogni giorno silenziosamente, lasciando casa, affetti più cari e famiglie lontani migliaia di chilometri, per riportare la speranza anche dove sembra non ce ne sia più. - Deborah Croci




martedì 9 ottobre 2012

Guariamo insieme le Ferite Invisibili. - di Deborah Croci


Il tema che oggi desidero approfondire con voi, care Metà, è molto delicato e non è nuovo all'interno del nostro blog e del Progetto AMD in generale.
Più volte abbiamo infatti parlato di DPTS (Disturbo Post Traumatico da Stress) coinvolgendo la Dott.ssa Rachele Magro, esperta a riguardo, che ha esaminato l'argomento in modo estremamente professionale e dettagliato, ricavando dalla sua esperienza come psicoterapeuta, anche un libro che vi consiglio di acquistare ('Cuore di Soldato' – Edizioni Psiconline).
Quello che voglio provare a fare oggi con voi però è cercare di guardare questo terribile disturbo da un'angolazione diversa. Quella delle famiglie. Non utilizzerò infatti nè terminologie tecniche, nè tantomeno specifiche e professionali: non sono psicologa e non sono esperta nel settore. Sono solo la donna di un Soldato che si documenta e si informa su tutto ciò che riguarda questa vita militare e che potrebbe aiutarmi a mantenere sempre alto il benessere della mia famiglia, prevenendo i problemi e i disagi che potrebbero scaturire dal lavoro che il mio uomo ha scelto di svolgere.
Il lavoro di approfondimento, studio e ricerca informazioni/documenti che svolgo per me stessa e per il bene della mia famiglia, lo passo a voi dandovi le mie impressioni e ciò che io penso e sento dentro di me riguardo a questo tema molto complesso.
Attraverso il Progetto 'L'altra metà della Divisa' e con l'aiuto prezioso dei nostri esperti e consulenti in materia, proveremo in futuro a proporre soluzioni valide e concrete per offrire alle Famiglie Militari un supporto psicologico professionale, capillare sul territorio e costantemente presente, per venire in aiuto a tutti i familiari che sentiranno il bisogno di essere sostenuti nei momenti di difficoltà o trauma incontreranno nella loro vita.
Chi vive quotidianamente accanto ad un Soldato infatti, sa perfettamente che ogni tipo di problema causato direttamente o indirettamente dalla sua professione, si riflette immediatamente sui suoi familiari. Sono infatti le persone che vivono insieme a lui che più subiscono i malesseri piccoli e grandi di cui il Militare soffre. Spesso si tende a sfogare lo stress ed il nervosismo sui propri cari con conseguenze molto gravi per i familiari che si trovano ad avere a che fare con qualcosa di cui non conoscono l'origine e che non sono in grado di comprendere ed affrontare da soli.
Al momento purtroppo in Italia non esiste una rete di supporto psicologico adeguatamente studiata per le Famiglie Militari, se non in caso di situazioni estreme e circostanze tragiche. Spesso ci si dimentica che la famiglia di un Militare svolge un lavoro a tempo pieno per sostenere ed affrontare tutte le sfaccettature che questa scelta di vita comporta, ed avrebbe la necessità di essere seguita costantemente da persone competenti in materia. In assenza di un aiuto disponibile e dedicato, il familiare si affida dunque a professionisti esterni e quindi a pagamento. Molte famiglie non possono però sobbarcarsi una spesa così grande, soprattutto in tempi di crisi come questi, e la tendenza è quindi quella di nascondere il problema sotto al tappeto facendo finta che non ci sia, o tentare di sistemare le cose da soli, sperando che con il tempo tutto si aggiusti..
Da 'non esperta' nel settore posso comprendere persino io che nessuno dei due metodi precedentemente descritti è corretto. E posso anche dedurre che il risultato, in entrambi i casi, sarà disastroso. Se il disagio che il nostro caro sta attraversando infatti, fosse DPTS, non basterà il tempo a guarire la ferita e non sarà sufficiente ignorare la realtà, perchè tutto torni nella norma. Ecco perchè attraverso il nostro Progetto stiamo lavorando affinchè si prendano adeguati provvedimenti per garantire a tutte le Famiglie Militari il sostegno che meritano anche sotto questo punto di vista, e che questo aiuto sia a disposizione immediata, gratuita ed attiva permanentemente in tutte le zone in cui sia presente una base/caserma e quindi dei Soldati con le loro Famiglie.
Lavare i panni sporchi in casa propria non è una buona idea in casi come questi ed ammettere di avere bisogno di aiuto non è mai una sconfitta per nessuno. Rivolgersi a chi è competente, soprattutto se è a nostra completa disposizione, e chiedere supporto in situazioni difficili che sembrano ai nostri occhi impossibili da superare è una grande dimostrazione d'amore verso le persone che ci stanno accanto ogni giorno. E' la prova che noi per primi desideriamo essere sempre al meglio di noi stessi per la nostra famiglia e che per il benessere e la serenità di coloro che ci stanno accanto siamo disposti a lottare, a darci da fare, a lavorare su noi stessi e a superare qualunque problema insieme, per regalare a chi ci ama la giusta dose di tranquillità e facendoli sentire sicuri del fatto che vicini o lontani, la nostra famiglia sarà sempre e comunque unita da un legame più forte di qualunque trauma, più solido di qualunque ferita.
Anche delle ferite invisibili, le ferite dell'anima.

A corredo di questo articolo vi invito a guardare le foto pubblicate su http://www.battlingbare.org/, frutto di un'iniziativa nata dall'idea della moglie di un Marine americano, colpito da DPTS dopo il rientro da una missione in Iraq (vedi foto qui sotto).
Dopo aver inutilmente cercato aiuto affinchè a suo marito Rob fosse riconosciuto e diagnosticato il DPTS, Ashley Wise ha postato il suo grido disperato sul suo profilo facebook, pubblicando la foto della sua schiena nuda sulla quale si era fatta scrivere le parole di una poesia che recita:
"Distrutto dalla battaglia, ferito dalla guerra, il mio amore è per sempre. Giuro che placherò le tue urla silenziose e guarirò la tua anima spaventata, amor mio, finché non sarai salvo"
L'immagine di grande impatto visivo la ritrae di spalle, mentre solleva l'M4 di suo marito Rob, come a voler dire 'Insieme combatteremo e vinceremo questo male.'.
Da quel giorno decine di mogli di Soldati americani affetti da DPTS, si sono unite alla battaglia di Ashley, pubblicando le foto delle loro schiene con la poesia scritta in primo piano, ed insieme hanno dato vita al progetto 'Battling Bare' (35.600 'mi piace' raggiunti nella pagina facebook dedicata all'iniziativa) volto a sensibilizzare l'opinione pubblica sul DPTS e sulle conseguenze che questo grave disturbo ha sui Soldati e sulle loro famiglie, con l'obbiettivo principale di approfondire la conoscenza del male, affiancare e supportare adeguatamente i militari colpiti e le loro famiglie e prevenire l'alto tasso di suicidi che spesso sono l'epilogo finale e tragico di un percorso che, se non diagnosticato in tempo e seguito da professionisti seri e preparati, porta inesorabilmente verso l'autodistruzione. In Italia non arriviamo ancora a questi grandi numeri, fortunatamente, ma ogni famiglia militare che abbia affrontato almeno una missione, sa perfettamente che l'Uomo (o la Donna) che ha visto partire, non è lo stesso al suo ritorno. E' difficile ammettere in primis a noi stessi che qualcosa nel profondo lo ha cambiato, lo ha toccato e forse lo ha ferito. Il più delle volte tutto passa e piano piano tra quegli sguardi persi nel vuoto, i suoi silenzi, i suoi risvegli improvvisi, gli incubi e gli attacchi di panico, iniziamo a ritrovare la persona che conoscevamo. Ma ci sono casi, uno su cinque dicono le statistiche al momento, in cui le ferite invisibili sono più profonde, e non guariscono così facilmente. E' in quel momento che si rende necessario avere a disposizione un sostegno valido, concreto, efficace che attraverso un intervento rapido e professionale possa aiutare il Soldato e la sua famiglia a vincere anche questa dolorosa battaglia.
E noi de 'L'altra metà della Divisa' combatteremo anche per questo, affinchè la rete di supporto psicologico per le Famiglie Militari diventi realtà al più presto nel nostro Paese.
Potete contarci!

Per maggiori info vi invitiamo a visitare il sito del Progetto 'Battling Bare':

E la Pagina Facebook dedicata all'iniziativa:



martedì 2 ottobre 2012

Ciclo dell'Incarico - di Rachele M. Magro


Quando ci accingiamo ad affrontare un cambiamento nella vita personale e lavorativa, anche se questo ha una connotazione positiva, agli eventi si affianca sempre un certo livello di stress che ha la funzione di attivarci al meglio per perseguire l’obiettivo connesso alla novità.
Ansia e stress, percepiti come gestibili da parte del soggetto, sono sempre funzionali al perseguimento di un obiettivo. Immaginiamoci se non ci fosse un simile livello di attivazione mentre prepariamo un trasloco o una partenza. Non inizieremo mai a fare le valigie, né tantomeno a mettere le prime cose negli scatoloni e procrastineremo sempre l’inizio dei lavori.
Anche quando il soldato ci avvicina all’idea della partenza per una missione il suo livello di ansia si innalza di intensità senza che questo sia un elemento patologico, ma funzionale alla sua preparazione.
La professione del militare, come quella degli operatori in emergenza, presenta però degli aspetti che si costituiscono come fattori di rischio. Rischio inteso come elementi che possono determinare un livello di stress ed ansia al di sopra della media e per tale motivo definito “distress” o stress negativo e pertanto non funzionale al perseguimento dell’obiettivo prefissato. La capacità di affrontare questo periodo, mantenendo la tensione emotiva sotto controllo, è data dalla formazione del soldato, dalla sua capacità di gestire stress ed emozioni correlate, quanto dal sostegno ed efficacia del suo nucleo familiare nell’accompagnarlo in questo viaggio.
Tali fattori di rischio sono legati all’individuo e alle sue specifiche vicende personali, all’ambiente in cui è chiamato a svolgere il suo incarico, al processo di separazione dal suo nucleo familiare, allo stesso incarico che in missione è chiamato ad assumere. Il soldato pertanto affronta, nel suo periodo di preparazione e poi assolvimento del compito in missione, un “ciclo emotivo “ caratterizzato da tempi e reazioni emotive e che si sviluppa intorno al nucleo centrale della missione all’estero.
Nello specifico il “ciclo dell’incarico” prevede una prima fase, che dura più o meno da una a sei settimane prima della partenza per la missione, in cui le risorse emotive del soldato sono protese alla gestione del distacco e della separazione dal proprio nucleo familiare anche nella funzione di tutela e di sostegno alle preoccupazioni dei familiari. Egli infatti mette in atto comportamenti finalizzati a rassicurarsi e rassicurare le persone care in relazione alla non pericolosità dell’impiego o alla forza dei legami affettivi.
La fase intermedia, di questo ciclo, si divide in due step: quello iniziale, delle prime sei settimane di incarico con l’arrivo nel nuovo e provvisorio reparto, che prevede una disorganizzazione emotiva iniziale determinata da un contesto nuovo al quale adattarsi, oltre a uno stile di vita diverso che richiede impegno e concentrazione su un incarico lavorativo che coinvolge l’intera giornata. Avvalendosi di strategie di coping e resilience, (cioè la possibilità di affrontare positivamente gli eventi che si verificano) il soldato affronta un periodo di successivo adattamento fio a raggiungere una certa stabilizzazione nel nuovo contesto di vita.
Il periodo finale della fase intermedia si verifica negli ultimi giorni d’incarico, prima della partenza per il rientro in patria, collocate intorno alle ultime settimane di permanenza. Ad esse si affiancano emozioni di attesa, di ansia, e anche di eccitazione proiettando pensieri, desideri e motivazione al momento del rientro e anche frustrazione per un tempo che sembra infinito. Se il rientro in patria è ritenuto come meta ultima dell’ incarico del soldato, queste attivazioni emotive perdurano anche con il ritorno a casa e nella quotidianità. Questo confine, che definisce la fine del ciclo emotivo dell’incarico, si allarga di alcune settimane (di solito le sei settimane successive al rientro) necessarie alla ristabilizzazione e reintegro nel proprio contesto familiare e relazionale.
Al rientro dalle missioni, pertanto l’obiettivo primario è quello di creare un’atmosfera supportiva e non giudicante per il nostro soldato, fornire sostegno, spazio per le emozioni negative vissute, se necessario. Gli amici, i colleghi, i gruppi supporto, le famiglie sono in questo caso d’inestimabile aiuto.
Se un soldato ha vissuto con eccessivo peso questo ciclo di incarico e sono interventi stressor importanti durante la sua assenza dal nucleo familiare, dovremmo pertanto fermarci a riflettere come favorire l’adattamento ai cambiamenti intervenuti in sua assenza; come favorire il pieno rientro alla quotidianità?
Il tempo è necessario per riequilibrare i vissuti. L’accettazione, l’accoglienza e soprattutto l’ascolto da parte dei propri familiari è sicuramente un punto chiave da non sottovalutare e soprattutto è fondamentale dare attenzione al tempo affinchè riassapori il quotidiano. Ogni fase ha bisogno di evolvorsi attimo per attimo perché si concludi in maniera definita, senza lasciare vuoti da riempire. Altri spunti interessanti per ritrovare un buon riadattamento in famiglia sono:
  • Favorire momenti di socializzazione solo se condivisi e concordati (è possibile che il soldato preferisca ritrovare equilibri nella intimità della propria casa)
  • Ascoltarsi e raccontarsi, condividendo ogni aspetto delle esperienze avute nel periodo di lontananza;
  • Sostegno e comprensione da parte dei familiari.
Buona missione .

(La Dott.ssa Rachele Magro è psicologa-psicoterapeuta, Presidente dell'Associazione ASPIC Counseling e Cultura di Viterbo. E' impegnata dal 2004 nel campo dell'emergenza in vari progetti di formazione, prevenzione e sostegno psicologico rivolti sia alla popolazione che alle varie figure professionali. Ha attivato dal 2004 al 2006 un progetto come psicologa volontaria in un Reggimento Operativo svolgendo attività di supporto psicologico ai militari impiegati all'estero e alle loro famiglie. E' inoltre autrice del libro 'Cuore di Soldato'  edito da Psiconline. Per 'L'altra metà della Divisa scrive volontariamente e gratuitamente articoli di approfondimento ed offre la sua consulenza a quanti ne manifestino la necessità. Per maggiorni info e per contattare la Dott.ssa Magro, visitate la sezione 'Consulenti' di questo Blog.)