domenica 21 ottobre 2012

C'è Posta per Noi: La Storia di Ersilia

Conosco molto bene Ersilia.
Ho avuto il piacere immenso, grazie a 'L'altra metà della Divisa', di venire a contatto con lei, quasi un anno fa. E' uno dei regali più belli che questo progetto mi ha fatto, una delle persone più coraggiose e determinate che io abbia conosciuto. Una mamma ed una moglie che per difendere il benessere della sua famiglia ha dovuto lottare con le unghie e con i denti e che ha saputo trarre da un'esperienza che avrebbe messo k.o. più di qualcuno di noi, il lato positivo. Si è unita a noi come responsabile del Gruppo Supporto Famiglie Militari di Bracciano e sta cercando, attraverso 'L'altra metà della Divisa' di regalare alla sua famiglia e a tutte le famiglie militari italiane, un futuro più sereno, per essere certa che nessuno sia più costretto a sottoporsi a tutto il dolore che lei ha dovuto attraversare e superare con le sole sue forze. - Deborah Croci

La Storia di Ersilia.

''Voglio portare la mia testimonianza,perchè vorrei che tutti capissero che ruolo fondamentale ha il supporto alle famiglie militari,supporto inteso a 360° ,perchè ricordiamocelo che quando un soldato parte c'è un prima,un durante e un dopo e si spera sempre che in quei mesi non accada mai niente di grave.Non mi ero resa realmente conto di quanto fosse importante tutto ciò,ed è per questo che ora lotto,perchè le cose cambino perchè oltre la divisa ci sono sentimenti che non possono essere sottovalutati.Ci sono donne uomini,bambini che DEVONO essere seguiti affinchè una missione,un partenza non si trasformi in gravissimi disagi per chi resta a casa,per chi ha scelto di condividere questa vita e che MAI deve essere lasciato da solo.Ripercorro questi eventi con grandissimo dolore,ma voglio che la mia storia faccia RIFLETTERE,MEDITARE chi ha il potere di cambiarle le cose.Prima che partisse mio marito,avevamo messo in preventivo il dolore dell'assenza per me e per i miei bimbi di 5 anni e 8 mesi,che sarebbe stata dura,di certo non avevamo pensato a cose più gravi.Era il 10 settembre,avevo appena salutato mio marito, squilla il telefono e mi ritrovo a parlare con un dottore il quale mi comunica che mio figlio rientra tra i bambini coinvolti nello scandalo ''TBC Gemelli'' ,che il bimbo è positivo alla tubercolosi e che avevano bisogno di parlare con entrambi i genitori del bambino,perchè c'era una terapia da iniziare.In pochi minuti mi è crollato il mondo addosso,sola con i miei due bimbi senza i miei genitori,fratelli qualcuno che mi potesse dare un conforto ,ma soprattutto senza  mio marito,che dovevo fare?Come dovevo fare? E soprattutto alui che ormai era partito...dovevo dirlo?o Lasciarlo all'oscuro di tutto e decidere tutto da sola?In pochi mesi sono stata letteralmente trascinata all'inferno,decidendo comunque di dire tutto a mio marito e così mi ritrovavo ad essere forte e fare coraggio non solo a me ma anche a lui,che non riusciva a capire completamente quello che stesse accadendo.Ho passato nottate intere al pc cercando di capire,parlato con 10 dottori diversi,avvocati per capire come tutelarci e tutto da sola.La terapia è durata 6 lunghissimi mesi (ironia della sorte la stessa durata della missione),psicologicamente ancora non mi sono ripresa da tutto quello che è successo,avevo un bimbo che reagiva male alla terapia e non stava bene,una bimba di 4 anni che piangeva ogni sera perchè le mancava il suo papà e voleva gisutamente le attenzioni della mamma,attenzioni che non sempre poteva avere perchè ero sempre in giro tra ospedali e pediatri ;tante volte ho creduto di impazzire ,che non ce l'avrei fatta di fare quella telefonata e dirgi ''torna perchè io da sola non ce la faccio'',ma non volevo,perchè lui in quelle terre lontane stava facendo il suo lavoro,e così sono andata avanti.Passavano i mesi e le cose non miglioravano,anzi il piccolo fu ricoverato ,fortuanatamente una mia amica si prese  cura di mia figlia,nel frattempo che i miei genitori si mettessero in treno e venissero a casa per prendersi cura di lei,giorni di disperazione ma che ancora una volta mi costringevano ad essere forte,perchè dovevo far forza ai miei figli,ma soprattutto a mio marito che a5000 km di distanza soffriva per la sua famiglia,per suo figlio e per me,costretta a farmi carico di tutto.Quanto avrei avuto bisogno di qualcuno che mi desse coraggio,qualcuno che supportasse me ela mia famglia!!Come una luce  in una notte buia,mi sono imbattutta sulla pagina de ''L'altra metà della divisa''ed ho capito che quel progetto era quello di cui tutte noi famiglia militari abbiamo bisogno.Quante notti ho paralto con Deb. ,della mia paura di non farcela ,di vivere una situazione troppo grande per me e per la mia famiglia,e quante volte con la sua forza  mi ha aiutata ad andare avanti.Gli strascichi di questa missione ce li portiamo ancora dentro,sono mesi che io e mio marito cerchiamo di riportare un pò di serenità a nostra figlia che in primis ha sofferto di più.Quello che è successo a me ,potrebbe capitare a chiunque ed è per questo che DOBBIAMO intervenire,con supporto psicologico,supporto morale,nessuno deve essere lasciato da soloL'unico pensiero per un soldato che si trova in missione deve essere quello di pensare al suo lavoro e deve sapere che i suoi cari i suoi affetti sono al sicuro,perchè chi si prenderà cura di loro.''

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