giovedì 18 ottobre 2012

Osservazioni da altre prospettive - di Oscar

Pubblichiamo di seguito un elaborato inviatoci via mail da Oscar, a commento dell'articolo di Luana Fiorenza 'E tornare a volare fa meno paura', del 26 Settembre, che potete leggere a questo link:

http://www.laltrametadelladivisa.blogspot.it/2012/09/e-tornare-volare-fa-meno-paura-di-luana.html

Abbiamo risposto direttamente e privatamente ad ogni domanda dell'autore dell'elaborato, ed oggi lasciamo a voi Metà, ogni eventuale commento o considerazione in merito.

Precisiamo per una maggiore chiarezza nei confronti del pubblico, che attualmente 'L'altra metà della Divisa' non è ancora Associazione (siamo in fase di costituzione) e che quindi la terminologia utilizzata dall'autore definendoci come tale non è corretta. A questo proposito molti degli interventi di cui ci viene richiesto riscontro qui sotto, sono stati eseguiti localmente, privatamente e rivolgendoci direttamente alle persone interessate e coinvolte. Non abbiamo nè l'autorità nè i riconoscimenti per esporci pubblicamente come punto riferimento in situazioni di emergenza allo stato delle cose. Facciamo quindi del nostro meglio, anche in situazioni così delicate, per essere presenti e supportare le famiglie, nell'ambito delle nostre possibilità e con l'aiuto concreto dei nostri consulenti sempre presenti ed attivi sia sul territorio sia a distanza.
L'introduzione alla lettera di Luana, non voleva quindi essere un modo per descrivere ciò che è stato fatto da parte nostra (per i motivi spiegati sopra) come Gruppo di Supporto, ma per alzare il livello di attenzione, in modo anche provocatorio e molto diretto, sull'esigenza di predisporre e migliorare i servizi da dedicare alle famiglie militari in situazioni non solo di emergenza, come quella a cui si fa riferimenti qui, ma in linea generale. Chiariamo inoltre a questo proposito che le 'poltrone rosse' a cui si fa riferimento sia nell'articolo, sia nell'elaborato di seguito riportato, non sono in alcun modo riferite all'ambito militare.

Tutto ciò per dovere di cronaca. Buona lettura! - Deborah Croci


'OSSERVAZIONI DA ALTRE PROSPETTIVE' - di Oscar

''Cara Debora, cara Luana, care metà
ho letto con attenzione e con partecipazione l’articolo che avete pubblicato e all’inizio non ho capito bene se il contenuto mi piaceva oppure no. Pur essendo un racconto pieno di sentimento e di coinvolgente passione, la prima impressione che ne ho avuto è stata che mancasse qualcosa da paragrafare.
Prima di avventurarvi in questa lettura però siate coscienti del fatto che l’intenzione di questo post non è di criticare lo scritto ma piuttosto di costruire qualcosa (in questo caso un’attitudine) che possa aiutare ad affrontare scongiurati eventi futuri.
Sostanza:La prima cosa che ho avvertito, al termine della lettura dell’articolo, è stato astio dichiarato con un forte messaggio di ammonizione nei confronti delle istituzioni militari per aver commesso una “omissione di tatto”; solo successivamente è passato il messaggio della “famiglia” (intesa in senso lato e non necessariamente correlato alla fede nunziale) quale parte integrante delle Forze Armate.  
Con qualche perplessità che mi continuava a girare “on the back of the mind” ho chiuso il mio laptop e sono tornato a studiare ma…. Ma qualcosa continuava a ronzarmi per la testa. 
Senza riuscire a concentrarmi sulle mie successive attività, sono addivenuto alle seguenti conclusioni che vorrei condividere con Voi del “l’altra metà della divisa” ponendo, in maniera provocativa, alcuni quesiti che non necessariamente necessitano di risposta ma che vogliono stimolare a loro volta riflessioni: 
Avete mai osservato molto da vicino un quadro di Van Gogh?Sarete sicuramente in grado di apprezzare il tocco magico dell’artista ma non l’insieme di sfumature che quelle le singole pennellate disegnano. Se siete troppo vicini alla tela non sarete in grado di vedere l’insieme del quadro, per cui vi sarà necessario fare un passi indietro per apprezzare a pieno l’opera. 
Probabilmente nell'evento occorso, fino ad oggi, siamo stati (plurale maestatis) troppo vicino alla tela e abbiamo tralasciato qualcosa di dettaglio (ma al contempo macroscopico), integrante per i sensi come la visione periferica e che, comunque, si muoveva intorno.
Quanto detto ci conduce verso i veri  quesiti di sostanza che tutti dovremo considerare, ovvero: -         Coloro che sedevano sulle “poltrone rosse” erano distratti a fare altro (pertanto mancavano del citato contatto diretto) o piuttosto erano impegnati a gestire le mille altre cose che gravitano intorno ad un evento di questo tipo? -         Il silenzio dell’autorità militare in loco e la successiva telefonata da parte del diretto interessato è stata una casualità o piuttosto un atto discusso/concordato/pilotato affinché avvenisse proprio com'è avvenuto e come da Luana correttamente descritto?-         Da parte di un familiare è più confortevole ricevere l’informazione in questo modo o piuttosto sentirsi chiamare dall’autorità militare?-         Una volta istituito il contatto diretto e continuo tra i congiunti/familiari, ed una volta chiarita la situazione, come avrebbe potuto/dovuto intervenire (in seconda battuta ed in secondo momento) il Comando e con che tipo di informazione di conforto? -         Opportunità?
Parafrasando il trafiletto iniziale di Deborah Croci vorrei avanzare la mia riflessione in merito in qualità di Soldato il cui PRIMO ed UNICO pensiero nei momenti peggiori, non è altro che la sua Famiglia, la sola cosa che conta quando tutto intorno diventa buio:Pur comprendendo l’angoscia e l’umana preoccupazione dei cari familiari, e comprendendo appieno l’eternità che passa in quelle poche ore/giorni (prima del rientro), non credo che le informazioni abbiano avuto flussi errati; piuttosto, credo che l’autrice della missiva aveva nei confronti delle autorità militari delle aspettative di contatto diretto diverse da quanto avvenuto. Tali modalità di contatto sono state lungamente discusse dallo staff del Comando, ma sono state diversamente valutate da chi eventi simili, purtroppo, li ha già dovuti gestire con epiloghi decisamente differenti (e questo è profondamente diverso dal dire che coloro che stanno 'seduti sulle loro poltrone rosse' non comprendono ancora quanto il supporto alle Famiglie Militari sia di fondamentale importanza per far funzionare un sistema che altrimenti rischia di fare acqua da tutte le parti)

Consentitemi ora di cambiare il soggetto della discussione e di porVi altre domante retoriche/provocatorie:
        
-Che cos’è “l’altra metà della divisa”? (vedi sezione About – il progetto)        

-Qual è il ruolo che “l'altra metà della divisa” ha assunto nella vicenda?

-Le rappresentanti di questo progetto “l’altra metà” (che per pura coincidenza sono strettamente legate da un vincolo di amicizia con l’autrice della lettera) si sono interfacciate con la famiglia del soldato coerentemente con gli intenti preposti dal gruppo o hanno affiancato semplicemente un’amica in difficoltà?

- L’associazione dispone di strumenti di sostegno e, se si, quali azioni sono state intraprese a supporto? (vedi sezione Consulenti)

-“L'altra metà della divisa”, approfittando della favorevole posizione geografica del Comando collocato nella stessa città sede del “progetto”, si è mai presentata (ufficialmente o non) al Comando, con la determinazione che la contraddistingue, per chiedere informazioni in merito allo stato di salute, alla data di rientro dell’infortunato, alle successive pratiche da espletare…  ha mai chiesto se c’erano altri militari coinvolti nell’evento (altre famiglie da contattare, altri eventi di carattere “supporto” da gestire etc etc..)

-Un gruppo come questo (L’altra metà), in casi simili, può farsi carico di esercitare anche la funzione informativa (oltre che di supposto supporto?)

Tutte le osservazioni sopra trascritte non hanno l’intento di riaccendere un braciere ancora "caldo" anche perché noi tutti (me compreso) siamo ancora troppo vicini alla tela per comprendere tutte le implicazioni militari/mediatiche/sociali/personali dell'evento.
Ciò che dobbiamo considerare è che questo “blog informativo” viaggia su una rete di comunicazione virtuale globale pertanto è visibile a tutti, anche a coloro che dall’altro capo dello stivale hanno (o vorrebbero) un gruppo di supporto famiglie più o meno articolato come “l’altra metà della divisa”. A loro, e a tutti gli altri lettori va rilasciato un una lista di cose che si possono fare o messaggio finale che potrebbe trarre vantaggio da un'esperienza vissuta, per quanto triste (ma con lieto fine), per spronare comportamenti successivi e tirando fuori quegli insegnamenti che gli americani chiamano "lesson learned".
Concludo quindi dicendo che, fermo restando l'alta valenza del romanzato vissuto di Luana (che personalmente ho apprezzato moltissimo), forse avrebbe avuto senso introdurre la lettera con preventive risposte ai quesiti sopra esposti piuttosto che puntare il dito contro "non si sa cosa" avrebbe dovuto fare "non si sa chi". 
In totale spirito partecipativo, per un mutuo miglioramento.
Oscar 

PS: noi non abbiamo “poltrone rosse”, solo nere e qualcuna di un grigio sbiadito.
Meditate gente, meditate…''

1 commento:


  1. Mi permetto di voler dire qualcosa in merito, visto che mi è concesso uno spazio per il commento: 

    sono consapevole per esperienza personale e lavorativa che la vita ci pone spesso di fronte ad eventi inattesi e drammatici e che questi spesso risultano di difficile gestione proprio perchè nuovi.

    Per fortuna siamo dotati di un "sistema di protezione" che si chiama resilience.
    termine tratto dalla cultura medica descrive la nostra capacità di far fronte agli eventi e che potrebbe essere semplicemente descritta come la capacità di far fronte agli urti. Le nostre ossa infatti non si spezzano di fronte a tutti gli urti subiti, ma hanno in nuce una capacità di modellarsi minimamente per assorbire il colpo e non spezzarsi.Quello che spesso rimane sulla pelle sono dei lividi che hanno bisogno di tempo per assorbirsi. Anche gli urti emotivi hanno bisogno di tempo per poter essere rielaborati e a volte per evitare che la mente sia intasata dalle emozioni che invadono il cuore è bene depositare tutto su un foglio per non portar dietro un bagaglio che altrimenti appesantirebbe ulteriormente i nostri giorni.

    Credo che Luana abbia trovato un mezzo sicuramente efficace per distribuire una sofferenza data da un evento traumatico.


    Ritengo che la traumaticità di un evento non sia elemento oggettivo di valutazione. Ognuno di noi può vivere una tale situazione come debilitante per il suo equilibrio. Il compito di chi supporta è quello di accogliere, sostenere e condividere un evento che in quanto soggettivamente vissuto, non va giudicato. Ritengo che considerare "romanzato" un vissuto sia non riconoscerlo in quanto tale e forse l'unica cosa di cui una persona in difficoltà ha bisogno è proprio essere vista per ciò che personalmente vive in quel momento.

    Credo che da tali situazioni critiche i confronti non possano che arricchire, qualora non diventino un gioco a rimpiattino alla ricerca di colpe e cause, ma un momento di crescita condivisa dove ognuno di noi può mettere quanto di meglio può offrire. L'Altra metà della Divisa, gruppo ancora in crescita, deve ancora trovare e riconoscere quali sono gli spazi giusti in cui muoversi oltre che le azioni corrette da intraprendere in questi contesti critici e soprattutto in relazione a chi la divisa la indossa e svolge funzione di guida e comando. Ciò inteso nel processo attivo e di collaborazione tra i due nuclei.

    Ma non mi voglio dilungare su questi aspetti prettamente organizzativi.

    Vorrei solo sottolineare che ritengo una critica costruttiva qualora non sia presente una colpevolizzazione, nè un giudizio e dalla quale scaturisce un nuovo processo di cambiamento in cui si cerca di modificare ciò che nell'evento accorso forse, anche se in buona fede, ha in qualche modo attivato vissuti emotivi spiacevoli
    Rachele

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