lunedì 23 aprile 2012

Guarire dal Trauma - di Rachele M. Magro


Diverse persone mi hanno chiesto come mai mi sono tanto affaticata a studiare un disturbo come quello post traumatico, soprattutto in ambito militare, che risultava così inusuale se non addirittura poco conosciuto. La mia vita mi ha avvicinato, per diversi motivi, ad uomini coraggiosi che hanno intrapreso questa carriera. In particolar modo ricordo ancora con chiarezza, quando la moglie di un volontario in SPE mi narrava le conseguenze, per lei inspiegabili, di una missione in Macedonia, in cui suo marito, sicuro di svolgere un periodo di lavoro all’estero senza problemi, si era ritrovato al centro di una guerra che faceva i suoi primi movimenti.
Sebbene qualcuno continui a sostenere la presenza di questo disturbo, in ambito militare, in maniera preponderante negli Stati Uniti, ho imparato nella mia vita privata e professionale che questo è un dato teorico. Sicuramente sostenuto dalle statistiche, ma senza dare spazio al sommerso, al non rivelato, a ciò che non si vuole vedere, a cui non si riesce a dare risposta.
Due episodi hanno visto coinvolti i nostri militari, impiegati in un impegnativo ciclo operativo, in quelle condizioni, definite dai medici militari, di stress psico-fisico tale da limitare la loro attività lavorativa. C’è lo testimoniano però solo i giornali, tra cui “Il Tempo” (luglio 200 - militari in missione in Afghanistan e Iraq fine anno 2003). Se negli Stati Uniti la cifra dell’incidenza si aggira intorno al 40%, in Italia le Forze Armate ammettono l’esistenza di due/tre casi l’anno. In sostanza pari allo zero per cento.
Il disturbo post- traumatico, fa parte della sfera dei disturbi d’ansia, presente all’interno del DSM IV nell’Asse I. Lo stesso DSM IV ascrive tali sintomi in associazione ad eventi oggettivamente traumatici (incidenti, stupri, attentati, terremoti). Vedere un collega morire o rimanere mutilato, vivere nella paura di subire un attacco che possa ucciderti, ritengo che sia oggettivamente traumatico. Qualsiasi evento ha determinato il vissuto di morte per se o per una persona cara può essere oggettivamente definito traumatico. E’ un dato di fatto, al di là della mia personale opinione, che un evento è traumatico in base al vissuto di una persona che ne è stata soggetta. E’ l’intensità dei sintomi che può in conseguenza di ciò modificarsi determinando una maggiore o minore gravità ,intesa come lesiva dell’ordinario vivere quotidiano.
E’ mia convinzione che la traumaticità di un evento sia estremamente soggettiva . Il significato attribuito all’evento traumatico dal soggetto è fondamentale quanto il trauma in sé stesso, in quanto i pensieri e le rappresentazioni mentali costruite intorno all’evento traumatico continuano ad evolvere, anche quando il trauma stesso è terminato, e a connotare le reazioni psicologiche. Emerge come la definizione di un evento traumatico non può essere definita sulla base di una valutazione oggettiva e storica, né legata da un processo di tipo “causa-effetto”, ma la costruzione di un processo cognitivo ed emotivo data da un complesso di elementi.
Una caratteristica fondamentale di questo disturbo è l’evitamento e la negazione, fattori strutturali di meccanismi di difesa atti a dare una parvenza di protezione dal trauma, ma che in realtà servono solo a rafforzarne gli effetti. Ho sentito spesso dire: “Non ne voglio parlare”. La mente nega, ma il corpo reagisce. Si determina spesso un’iperattivazione del sistema nervoso, che in costante condizione di allarme, manifesta anche importanti sintomi fisici come disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, rabbia ed impulsività. L’evento traumatico determina un’alterazione, e di solito un aumento nella produzione degli ormoni; si osserva una disfunzione persistente e profonda nella loro produzione tale da modificare la loro funzione, che in condizioni normali ha lo scopo di attivare la risposta allo stress per poterlo fronteggiare. Quando lo stress diventa cronico e persistente il processo neurormonale si stravolge inibendo la risposta allo stress e provocando una desensibilizzazione. Qualcuno costruisce barriere così alte e profonde che inizia a non sentire più; perché non sentire protegge da un’emotività in continuo tumulto. La mente è sovraccarica e cerca di collocare in un posto affidabile un evento che ha determinato disequilibrio e disorientamento e per farlo attiva tutte le sue energie in attività dispendiose per quanto inutili. Sono presenti paure intense, ricordi continui ed intrusivi e il tentativo di annullarli evitando attività, situazioni e persone che portano a rivivere l’evento stesso.
Siamo come un pozzo profondo alimentato da diverse sorgenti. Pensare che gettare nel pozzo gli eventi di vita traumatici sia sufficiente a dimenticare è un’illusione. Solo scendendo giù nella nostra profondità, affrontando le paure, dando ascolto ai dolori, offrendo la possibilità a noi stessi di accettare che qualcosa di terribile ci ha turbato nella nostra essenza è possibile risalire e alimentare questo pozzo di una linfa nuova e nutriente.
A tutti quegli uomini, valorosi uomini in divisa, che nella loro esperienza hanno avuto paura, quella paura devastante che ti fa tremare quasi fino alla morte, che ti lascia immagini crudeli di uomini lacerati, lasciate che qualcuno vi porga la sua mano, solo così potrete ritrovare un nuovo equilibrio.
La psicoterapia è un ottimo percorso di ristrutturazione. Narrare, raccontare, condividere, questa è la strada per dare spazio a un evento che, attraverso i suoi sintomi chiede ascolto. Gli incubi ricorrenti, i pensieri intrusivi, gli attacchi di panico solo espressione di un bisogno non accolto, di una voce messa a tacere che, quotidianamente, chiede uno spazio, un luogo sicuro dove la sua paura possa essere accolta e trovare riposo.
Cuore di soldato è un libro sul trauma dove attraverso l’uso del diario, uomini e donne, coinvolti in eventi traumatici hanno trovato uno spazio dove far rivivere esperienze terribili, affrontarle e lasciarle lì come bagaglio unico ed irripetibile a favore di uomini e donne nuovi.



(La Dott.ssa Rachele M. Magro è psicoterapeuta ed autrice del libro 'Cuore di Soldato' - Edizioni Psiconline. Per qualsiasi domanda o richiesta informazioni potete scrivere direttamente alla mail rachelemagro@libero.it )

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