lunedì 10 settembre 2012

Recensione del Libro: '“La stasi dietro il lavello” di Claudia Rush - di Silvia Aprile



In occasione dei vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino esce nel 2009 “La stasi dietro il lavello” della scrittrice tedesca Claudia Rush.
Un libro da leggere tutto d’un fiato, leggero e veloce, come la scrittura della Rush che con “pennellate veloci” disegna un quadro grottesco, allarmante e tante volte simpatico della DDR.
Nata nei primi anni ’70 l’autrice vive la DDR da dissidente politica come la quasi totalità della sua famiglia, tranne il padre naturale con il quale non avrà alcun vero rapporto affettivo.
Un famiglia sempre e costantemente sotto il controllo degli “scarafaggi”, così sua madre chiama gli agenti della Stasi appostati davanti alla loro abitazione e spiati da informatori privati, sotto osservazione fino all’ultimo atto della DDR, fino a quel 9 novembre 1989 in cui Claudia, ormai diciottenne, scavalca il muro e chiama i genitori dalla Berlino Ovest, felice ma spaurita in quell’Occidente sognato e desiderato non però come Germania unita. Sì, perché i ragazzi dell’Est come Claudia volevano non la riunificazione al resto della Germania, ma una DDR libera e riformata. Per Claudia l’Occidente non è Berlino Ovest, ma Parigi, città che sogna prima ed ama profondamente dopo.
Claudia Rush racconta la sua infanzia, gli anni della scuola ed il dopo 1989 attraverso racconti brevi e che alternano presente, passato lontano e passato più recente, e che hanno il sapore della quotidianità, di vite comuni investite anche nelle piccole cose dal peso di una situazione politica di regime, dove il potere tenta per lo più vittoriosamente, ma non è il caso dell’autrice, di instillare nelle giovani menti le direttive del potere.
L’intero romanzo è costellato di descrizioni della DDR per lo più ridicolizzata soprattutto nelle rappresentazioni della vita quotidiana, sembra di assistere ad ogni racconto all’esposizione di un dipinto realista cinico e sarcastico. La durezza dell’esistenza nella Germania dell’Est prima della caduta del Muro non è mai raccontata in maniera cruda o scioccante, ma sempre addolcita alla dolcezza dell’infanzia prima e della adolescenza dopo e la “claustrofobia” assale il lettore solo nel momento in cui nei racconti Claudia si ritrova davanti ai confini territoriali del suo Paese, davanti al Mar Baltico dal quale si prende il traghetto che non prenderà per una Svezia che non potrà visitare o nel successivo passaggio in Francia quando ormai potrà lasciare il suo Paese.
L’unico momento in cui il testo cambia registro, introducendo il dramma raccontato nella sua crudezza, è nel racconto tragico dell’esperienza del nonno dell’Autrice, uomo prima spiato dalla Stasi e dai delatori e poi arrestato, che terminerà i suoi giorni da dissidente politico in carcere.
Ma non c’è solo questo nei racconti.
C’è la storia di un’adolescente degli anni ’80, le barrette di cioccolata, la potenza della musica, i primi amori; i sogni e le aspirazioni di una generazione che, pur con le doverose differenze date dal regime comunista, è quella stessa dei film da teenager americani di trent’anni fa.
Un libro divertente ed istruttivo, anche quando rivela la tipicità della cultura e della vita dell’Est intesa nella sua interezza.
Una romanzo appassionante. Cosa c’è di migliore?
Buona lettura!



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