mercoledì 26 settembre 2012

E tornare a volare fa meno paura - di Luana Fiorenza


PREMESSA:

''Care Metà,

Oggi scelgo personalmente e consapevolmente di pubblicare la lettera della mia cara amica Luana, perchè le parole, forti e decise, scritte di petto e con amore immenso, dalla compagna di un Soldato, possano arrivare dritte al cuore di tutti coloro che 'seduti sulle loro poltrone rosse' non comprendono ancora quanto il supporto alle Famiglie Militari, sia di fondamentale importanza per far funzionare un sistema che altrimenti rischia di fare acqua da tutte le parti.

La Famiglia Militare è parte integrante della FF.AA. e se a qualcuno non fosse ancora ben chiaro questo concetto, basterà leggere oltre questa lettera, per capire che un Soldato non può lavorare serenamente se non ha l'assoluta certezza e garanzia che i suoi affetti più cari non sono abbandonati a loro stessi.

Ed è direttamente dal racconto di Luana che capirete che il PRIMO ed UNICO pensiero di un Soldato, nei momenti peggiori, non è altro che la sua Famiglia, la sola cosa che conta, l'unico ricordo vivo e nitido quando tutto intorno diventa buio.

Meditate gente, meditate.''

Deborah Croci


''La nostra, una storia come tante, amici comuni, conoscenza, risate, giochi...poi qualcosa di più. Due caratteri per nulla facili che alla fine trovano il loro punto di equilibrio e quel puzzle da un milione di pezzi prende una forma bellissima e perfetta. E così passano quasi due anni.
Poi arriva l'antipirateria, ma tu non temi nulla, perchè la fiducia che in due anni hai visto crescere non è solo verso l'uomo, ma è anche verso la figura professionale, verso il militare preparato, l'ufficiale pronto e dal sangue freddo.
Ti ha detto di non preoccuparti, che andrà tutto bene. E a te basta questo.
Tutto scorre veloce, due mesi volano via. Sorridete a telefono, vi raccontate le giornate, progettate il viaggio che farete al suo rientro, vi fate forza a vicenda, siete convinti che tutto andrà bene, andrà sempre tutto bene.
Ma non tutto va bene.
Il telefono squilla come sempre, tu sei seduta sul letto e fa caldissimo e pensi che lui ti dirà che va tutto bene, ti racconterà il volo della mattina con quella sua voce lontana e bellissima che ami da morire.
Non questa volta.
Questa volta lui ti sta dicendo che sta bene, ma che qualcosa non è andata come doveva, che questa volta non è andato tutto bene. E ti dice di non ascoltare il telegiornale, che lui è vivo, che il suo equipaggio sta bene, ma che non vi sentirete per un po' perchè lui deve subire un intervento perchè questa volta i pirati hanno centrato il bersaglio. Ed il bersaglio, per loro, era lui.
Cosa ricordo di quella mattina di inizio settembre? Un grande silenzio. Solo il silenzio della camera in cui mi sono chiusa. Ricordo di aver pensato "è vivo. Stai calma. è vivo"
...e poi ricordo il telefono che squilla in continuazione. Ricordo le lacrime di sua madre. Ricordo che tutti mi hanno detto "tu sei una tosta, l'importante è che sia vivo".
E' stato come vivere in una campana. Intorno a me era tutto ovattato, le voci arrivavano lontane. Chi sa, ti dice solo "sta bene, non preoccuparti". E tu te lo devi far bastare, perchè non c'è un'alternativa, non c'è un numero da chiamare, non c'è qualcosa che qualcuno possa dirti. Vorresti solo sentire la sua voce, solo rivedere il suo sorriso, solo ascoltare lui.
Il tempo non passa mai. La prima notte è la più dura. Ti chiedi dove sarà ora, cosa gli staranno facendo, se sta sentendo dolore, se lo stanno trattando bene. Vuoi piangere, ma ti dici che lui non vorrebbe, che la donna che lui ha scelto non cede alla paura, tiene i nervi saldi, i piedi a terra e razionalizza i sentimenti nelle situazioni più difficili. E tu lo fai, lo fai per lui, lo fai per te, lo fai per i suoi, lo fai per i frà, lo fai per i tuoi. Lotti contro quella parte di te che vuole solo lasciarsi andare e vuole urlare che non è giusto, che non doveva andare così, contro quella parte di te che vuole mettersi su un aereo e raggiungerlo ovunque si trovi, quella parte di te che vorrebbe sfondare il cancello della base e buttare a terra muri e persone e prendere a pugni qualcuno anche solo per far sì che tutta quella rabbia e quella paura prendano forma e sostanza.
Ma aspetti. E continui a lavorare, a parlare, a vivere aspettando.
E quando il telefono squilla tu salti e guardi il display e speri che ci sia lui lì a dirti sto bene, amore, sto bene...
E quando davvero è lui, tu ti siedi su un gradino perchè le gambe ti tremano, perchè le mani non riescono a tenere fermo il telefono, perchè, finalmente, le lacrime scendono e ti rendono cieca. E non importa se lui ti dice che quella ferita è brutta, non importa se ti dice che non sa quando tornerà a casa, che ti dice che è dura e fa male. A te importa solo che quella voce sia proprio la sua, che ancora ti chiama col tuo soprannome, che ancora ti dice che ti ama e che ti ama tanto, e che non vede l'ora di riabbracciarti.
Poi ti dice che sta tornando a casa. Spiegare cosa significa guardarlo negli occhi, sentire le sue braccia intorno al tuo corpo sempre più magro, le sue labbra che con cautela sfiorano le tue sarebbe come far appassire un fiore troppo delicato. E all'improvviso addormentarti come mille volte hai fatto accanto a lui diventa qualcosa di così prezioso che non vuoi chiudere gli occhi. Vuoi tenerli aperti, guardarlo respirare, vedere che si addormenta serenamente nel suo letto, al sicuro, accanto a te. All'improvviso camminare mano nella mano sembra un gesto insostituibile.
E ti rendi conto che la gente butta via momenti di vita con una facilità debilitante, ti rendi conto che la gente si attacca alle cose materiali, si attacca ai pettegolezzi, vive nell'aspettativa di qualcosa di migliore, vive respirando superficialità. Ti rendi conto che a te invece, basta un bacio, basta uno sguardo, basta sentire il suo respiro accanto al tuo...è tutta lì la felicità che desideri...
Ma un incidente è qualcosa di più.
Hai paura che le ferite che non si vedono, quelle giù in fondo facciano molto più male di quelle visibili e superficiali. Non ora, ma domani o dopodomani. E hai paura che forse da sola non ce la farai, che non hai gli strumenti adeguati per farcela, e ti rendi conto che nessuno ti sta allungando la mano per offrirtene uno. Provi una gran rabbia perchè nessuno di quelli ancorati alle loro poltrone rosse ha avuto il pensiero di scriverti una mail, nemmeno coloro a cui hai stretto la mano tante volte e che il tuo viso se lo ricordano perfettamente. A mente fredda capisci che una telefonata, una parola, una mail, uno scambio di idee forse ti avrebbe fatto smettere di pensare che per loro non sei nulla, che per loro non esisti. E ti chiedi come sia possibile che una fede nuziale possa contare più di una vita accanto ad una persona ogni giorno, come può un documento firmato da un ufficiale pubblico contare più del fatto che il tuo numero è stato il primo che è stato composto dal tuo uomo, l'unico che lui ricordava a memoria, che tu sia la prima persona a cui lui ha pensato. Sorrisi e lacrime. Sorrisi, perchè sai che ciò che vi unisce vincerà su tutto, sai che tutto quel dolore cementifica i rapporti, li rende saldi, porta una relazione ad un livello superiore che va oltre le definizioni, oltre le convenzioni. Lacrime perchè senti vuoti intorno a te che fanno male, senti che ci sono cose ingiuste, cose che non vanno, cose che non sono andate come avrebbero dovuto. Lacrime perchè troppo spesso ci si dimentica che prima che militari, loro, sono uomini, che prima di indossare una divisa, loro, vestono abiti di fidanzati, figli, fratelli, mariti, padri, amici. Che prima degli elogi ufficiali, talvolta, è necessaria una stretta di mano umana. E che accanto a loro ci sono famiglie nell'ombra che vivono il riflesso di una scelta non loro, di una scelta subita ma accettata e che anche queste famiglie qualche volta avrebbero bisogno solo di una parola, di una presenza, di un aiuto.

Io non sono sola, ho la fortuna di avere persone meravigliose accanto a me che hanno pianto con me, che hanno riso con me, che hanno attutito il mio colpo, che mi hanno fatto sentire al centro di qualcosa di più grande di me, qualcosa di cui non ti rendi conto sino a che ci devi passare obbligatoriamente in mezzo.
Non è una divisa che fa l'onore, non sono gradi e le stellette a fare l'uomo.
E' come vivi, come affronti la vita di ogni giorno, è con chi la affronti, è come parli con la gente, è come subisci i colpi e ti rialzi, è la mano che allunghi quando accanto a te qualcuno cade, è il dolore che fingi di non sentire quando qualcuno, anche a te sconosciuto, sta soffrendo più di te. Allora metti da parte te stesso e regali qualcosa di tuo.
Senza queste persone rialzarmi sarebbe impossibile, superare questo momento sarebbe stato un'impresa titanica.
Ora le mie preghiere sono per ogni singolo uomo su quelle navi e in quelle basi, ogni amico o sconosciuto che sia, perchè nessuno debba passare attraverso tutto questo. E perchè, anche se ciò dovesse accadere, nessuno si senta solo, perchè ci sia sempre qualcuno che bussi alla tua porta e ti dica "io ci sono". Solo così, tornare a volare, fa meno paura.''



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